I Corpi civili di pace europei, una piccola, concreta utopia all’opera
Articolo di Simone Zoppellaro per MicroMega uscito il 10 Luglio 2024
In un’epoca sempre più avara di riferimenti, in cui tanti idoli del Novecento poco o nulla hanno ancora da dirci, sempre più lontani, il nome di Alexander Langer (1946-1995), sudtirolese dal respiro europeo, si distingue fra i più fecondi. Difficile, se non impossibile, riassumere una figura poliedrica e in perpetua evoluzione come quella di Alex, come lo chiamano ancora i tanti con i quali ha condiviso una parte di strada. Autore prolifico di articoli densi e profetici, viaggiatore inquieto e poliglotta a caccia di una lingua comune per la nostra Europa, ma anche e soprattutto uomo di utopie concrete perseguite nei luoghi geografici e politici più diversi, dal Sudtirolo dove nacque e crebbe, a Lotta Continua, cui contribuì a dare un orizzonte più internazionale, fino a Strasburgo, dove fu capogruppo dei Verdi al Parlamento europeo, con particolare riguardo alla crisi nella ex Jugoslavia contro la quale si batté con determinazione e coraggio, tentando l’impossibile. Proprio all’ultima, drammatica fase del suo percorso risale un’intuizione che oggi alcune realtà hanno elaborato in una proposta concreta: quella dei Corpi Civili di Pace Europei (CCPE) da impiegare in Ucraina.
Il punto di partenza è la proposta avanzata da Langer al Parlamento Europeo nel 1992, cui seguì un percorso lungo e a tratti accidentato che trovò frutti importanti in un corso di formazione specifico, promosso dalla Fondazione Langer e da Salvatore Saltarelli per la Formazione Professionale Italiana della Provincia Autonoma di Bolzano per diversi anni dopo la sua morte, e poi integrato con la dizione “Operatore di pace – mediatore dei conflitti internazionali”, all’interno dell’offerta formativa di un Master di primo livello della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Bologna. I corsi prevedevano anche uno stage organizzato in Val Pusteria dal Corpo d’armata alpino. Il nucleo era ispirato proprio dal documento, elaborato da Langer insieme con l’assistente parlamentare Ernst Gülcher, sui CCPE come forza civile non armata da utilizzare nei conflitti e nei disastri ambientali. Un’“utopia”, come dice Edi Rabini, storico collaboratore di Langer, che abbiamo interpellato, che “potrebbe essere pensata e proposta in Ucraina come struttura civile autonoma ma non ostile a quella militare”. Con questa idea, parte in questi giorni l’undicesima missione in Ucraina (10-12 luglio) del Movimento Europeo di Azione Nonviolenta (MEAN), sigla che raccoglie 35 organizzazioni italiane e che fin dall’inizio dell’aggressione russa si è attivato per aiutare la popolazione civile.
La proposta dei CCPE, racconta Angelo Moretti, portavoce del MEAN, “nasce sia come movimento spontaneo di risposta ad un’aggressione violentissima, sia come riannodo di una storia che era rimasta sospesa nel tempo, quella delle battaglie di Alex Langer di fronte agli eccidi in Bosnia e nei Balcani in generale, ed in cui improvvisamente ci siamo ritrovati tutti, pur venendo da strade diverse”. Prosegue Moretti: “L’Europa priva di una sua difesa comune non può improvvisarsi baluardo di una difesa militare di un popolo aggredito, ma l’Europa quale continente politico esperto in pacificazione interna, con settant’anni di successo in tal senso, può invece essere leader di una istituzione umanitaria innovativa, capace di intervenire prima, durante e dopo i conflitti armati, un nuovo Corpo civile che abbia l’ingaggio della difesa civile, della tutela degli oppressi di ogni guerra, della promozione della conciliazione possibile tra i popoli e della gestione delle tregue e dei conflitti”. “Il nostro sogno”, conclude Moretti, “è un’Europa che possa istituire un Corpo Civile di Pace che accompagni fin da ora i contingenti internazionali che agiscono in difesa di nazioni aggredite e popoli oppressi, che sia dotato di vera forza, organizzativa, politica ed economica, formati da personale volontario e professionisti della mediazione e della cooperazione, rappresentanti delle istituzioni e delle ong, sul modello della co-progettazione degli interventi. Un corpo capace di dialogare con le popolazioni e che abiti i luoghi delle tregue per tutto il tempo necessario alla messa in sicurezza delle persone che lì hanno deciso di vivere e di resistere a vivere nonostante tutto”.
Ispirati all’idea gandhiana di un “esercito della pace” (Shanti Sena), i CCPE potrebbero avere inoltre la funzione, oltre a quella primaria umanitaria e solidale, di rispondere a un’altra grande questione del nostro tempo, quella di trovare una chiave per fare Europa, non partendo dalle istituzioni, spesso percepite non a torto come lontane dai cittadini, ma dal basso, dalla società civile.
Sappiamo bene l’importanza del servizio militare nel processo di unificazione italiana, a partire dalla lingua; perché, dunque, non affidare a quest’idea di pace di Langer, europeista che prima di tutti intuì limiti e pericoli di un’Europa solo burocratica e economica, un nuovo impulso che porti a far fiorire quella voglia di Europa che, da Tblisi a Kyiv, segna le frontiere ancora incerte della nostra Unione? “Basta con la neutralità tra aggrediti ed aggressori, apriamo le porte dell’Unione europea alla Bosnia, bisogna arrivare ad un punto di svolta!”, diceva Langer nel 1995 in un tragico appello rimasto celebre, L’Europa muore o rinasce a Sarajevo. Il rischio concreto è che lo stesso dilemma si riproponga oggi per Kyiv; e la risposta, lo sappiamo bene, non potrà essere lasciata solo alla politica e agli esperti militari.
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