Newsletter di maggio
Rubrica della decrescita
“Sviluppo? Ora Basta!” Alexander Langer una visione lungimirante.
Con questo testo scritto da Auretta Pini vogliamo iniziare una nuova rubrica che speriamo a cadenza mensile.
Per tutta la sua vita Alexander Langer ci ha abituato ad una visione lungimirante del futuro, qualcuno l’ha definita profetica, che spesso ha anticipato temi che hanno introdotto una visione innovativa nel dibattito politico e culturale che si sono più largamente approfonditi nei decenni successivi: uno di questi è il tema della decrescita.
In varie occasioni ha spiegato che ragionare di una società che dovrebbe basarsi su consumi più sobri, con consumi di risorse e materie non riproducibili senza sprecarle, ad un ritmo più legato all’economia della riproducibilità della natura, una società che sappia valorizzare la solidarietà e la convivialità, anziché la competizione fra le persone non significa aspirare ad una società utopica, bensì ad una “utopia concreta”, perché la vera utopia irrealizzabile sarebbe quella di continuare a consumare senza ritegno, con ritmi di crescita infinita, le risorse di un pianeta finito. A questo proposito, denunciava l’inganno che si nasconde dietro la formula ambigua dello “sviluppo sostenibile”, che in realtà non ha affatto costituito uno strumento per rallentare i consumi, gli sprechi di materie impiegate per la realizzazione di beni di consumo non durevoli, il consumismo sfrenato di oggetti e beni che sempre più velocemente si trasformano in rifiuti.
Fin dal 1982, ad un incontro sindacale tenutosi a Garda, affermò che “il problema principale con cui i sindacati dei paesi industrializzati devono fare i conti è se impostare le proprie energie su ipotesi di crescita economica (del prodotto, della produttività, del volume degli scambi, del livello tecnologico, ecc.) ed impegnare le proprie forze in direzione di tale crescita, o prevedere, magari operando in tal senso, che la crescita, l'espansione economica quantitativa tendano ad arrestarsi e ridefinire, di conseguenza, l'intera strategia sindacale?”… “Possiamo considerare appurato che la crisi economica che in questi ultimi anni si avverte in forma ormai prolungata sia una crisi strutturale, e non semplicemente congiunturale. Si può prevedere che nei paesi sviluppati non si ripeteranno i tassi di crescita che si sono registrati dalla seconda guerra mondiale in poi. Queste affermazioni qui non possono essere dimostrate, per cui occorre rinviare a testi più specifici. Ma si può, forse, accettare la tesi che in questa crisi, tra altri fattori, si rifletta in misura sempre maggiore esattamente l'avvicinarsi del limite, il manifestarsi di fenomeni di scarsità che mettono in forse tutta la dinamica dello sviluppo capitalistico sin qui realizzato. Per dirla in forma semplificata: tutto il sistema economico avverte che le vacche grasse se ne sono andate e non torneranno più; tentare di farle ritornare è opera di Sisifo, o è decisamente pericolosa (perché può significare, per esempio, una ipotesi di guerra per rilanciare la accumulazione, la concorrenza e l'espansione)…..Ci basta sapere che la crisi che stiamo vivendo di per sè comporta un notevole rallentamento ed in prospettiva forse l'arresto della crescita, o bisogna chiedersi se tale rallentamento e crescita vadano addirittura promossi ed accelerati? Bisogna dire che il ritorno ad una spirale, magari transitoria, di espansione e di crescita dei sistemi industriali avanzati non sia neppure auspicabile perché comporta per tutta l'umanità un costo troppo alto da pagare (distruzione ed esaurimento di risorse non rinnovabili e non sostituibili)?”
Oggi tutto questo è sotto gli occhi di tutti. Lo sfruttamento delle risorse sta riducendo in schiavitù tanta parte dell’umanità; l’inquinamento atmosferico, delle acque e del suolo sta compromettendo pesantemente la salute umana in ogni parte del pianeta; oltre a quelle più evidenti e drammatiche come la guerra fra Ucraina e Russia e quella che si sta combattendo a Gaza, decine di conflitti fra Stati e interni agli stati sono in atto in quasi tutti i continenti; la morte per fame è in aumento, così come la povertà estrema anche nelle parti più ricche e sviluppate di ogni continente. Oggi, i settori economici in crescita sono soprattutto quelli legati alle energie non rinnovabili e quelli direttamente o indirettamente connessi alla produzione di armi e alla ricostruzione di ciò che le guerre stanno distruggendo (infrastrutture, abitazioni, ecc.). La necessità di fare fronte a politiche di contrasto reale degli effetti dei cambiamenti climatici e delle ingiustizie sociali sono sempre più urgenti.
Questi temi sono oggi conosciuti come i principali argomenti trattati dal pensiero economico e sociale della decrescita.
Anche alla luce del suo intervento al convegno organizzato da “Azione nonviolenta”, dal titolo “Sviluppo? Basta! A tutto c’è un limite”, nel 1991, affermava, in sintonia con una visione di decrescita e della necessità di cercare una transizione verso una società della sobrietà: ”Ci troviamo dunque - in termini netti e semplici - al bivio tra due scelte alternative: tentare di perfezionare e prolungare la via dello sviluppo, cercando di fronteggiare con più raffinate tecniche di dominio della natura e degli uomini le contraddizioni sempre più gravi che emergono (basti pensare all’attuale scontro sul petrolio) o invece tentare di congedarci dalla corsa verso il «più grande, più alto, più forte, più veloce» chiamata sviluppo per ri-elaborare gli elementi di una civiltà più «moderata» (più frugale, forse, più semplice, meno avida) e più tollerabile nel suo impatto verso la natura, verso i settori poveri dell’umanità, verso le future generazioni e verso la stessa “bio-diversità” (anche culturale) degli esseri viventi. La chiamerei una scelta tra espansione e contrazione” …”E che entrambe hanno i loro costi: solo che la prima li fa pagare ad altri (lontani nello spazio e nel tempo), mentre la seconda se li assume e punta al ripianamento del nostro debito verso la biosfera”.
Fra i primi ad usare il termine decrescita, nel 1992 Langer scriveva: “Accettare oggi la positiva necessità di una contrazione del "troppo" e di una ragionevole e graduale de-crescita, e rilanciare, di fronte alla gravissima crisi, un'idea positiva di austerità come stile di vita compatibile con un benessere durevole e sostenibile, sarà possibile solo a patto che essa venga vissuta non come diminuzione, bensì come arricchimento di vitalità e di autodeterminazione” e questo consiglio, oggi più che mai dovremmo accettare e praticare.
Alcuni approfondimenti si possono trovare su:
Testo integrale "Sviluppo? Basta! - La scelta è tra espansione e contrazione" di Alexander Langer
Rivista quadrimestrale on-line "Quaderni della decrescita" scaricabile gratuitamente
Movimento per la decrescita felice
Encore et toujours
È ancora viva l’eco della straordinaria accoglienza che, tra febbraio e marzo scorsi, ha ricevuto in Italia la giornalista e attivista per i diritti umani bielorussa Olga Karatch, assegnataria del “Premio Internazionale Alexander Langer 2023”. In ogni tappa del suo viaggio attraverso la Penisola, Karatch è stata infatti accolta da persone e associazioni che con lei hanno intensamente dialogato intorno al suo lavoro, e in particolare intorno ai temi dei diritti umani violati, della militarizzazione delle nuove generazioni, e della persecuzione di attivisti e attiviste, non solo in Bielorussia.
Attraverso questo dialogo, e grazie alle molte presentazioni pubbliche, la Fondazione Langer ha inoltre potuto presentare, con chiarezza, le motivazioni che hanno spinto il suo comitato scientifico di garanzia a conferire proprio a Karatch il premio Langer nel 2023. E le diverse realtà del territorio coinvolte hanno di volta in volta potuto declinare, con grande passione e originalità, i temi del premio rispetto sia al lascito di Alexander Langer, sia alle varie azioni di advocacy per la pace e i diritti di tutte e tutti.
Questa edizione del Premio Internazionale Alexander Langer è stata un’edizione speciale anche per questo: per il modo in cui si è riusciti a creare, tutt* insieme, spazi di confronto, discussione e ascolto che non solo hanno rinsaldato la rete di “amici e amiche della Fondazione”, ma hanno anche offerto l’occasione di conoscere e praticare nuove forme di attivismo e partecipazione, fuori da schemi preconcetti. Anche per questo motivo, la generosa presenza in Italia di Olga Karatch è stata così preziosa, e il Premio a lei conferito così fruttuoso, così stimolante, così proteso verso futuri sviluppi.
Per questo, lasciano un po’ l’amaro in bocca alcune prese di posizione – alcune delle quali provenienti anche da persone vicinissime alla Fondazione – seguite all’assegnazione del Premio e agli incontri lungo la Penisola dei mesi scorsi. Prese di posizione che rispettiamo ma che fatichiamo a comprendere, sia nel merito sia nei modi. È stato infatti scritto che sia per la scelta della premiata, sia per le varie presentazioni locali, il consiglio di amministrazione della Fondazione si sarebbe appiattito sugli “slogan del movimento nonviolento”, venendo meno tanto a un impegno a favore della resistenza ucraina, quanto all’articolazione del pensiero di Langer. Ed equiparando addirittura “vittime e carnefici”, come se opporsi alla militarizzazione della società – come fa Karatch – o interrogarsi su modalità e contenuti del pacifismo nel contesto attuale significhi essere equidistanti tra aggressori e aggrediti, o peggio indifferenti alle sorti di questi ultimi.
Occorre innanzitutto precisare e ricordare che la scelta del Premio non spetta al consiglio di amministrazione ma, come è stato chiaramente espresso in tutti i comunicati stampa, al comitato scientifico di garanzia della Fondazione, che è stato rinnovato lo scorso anno dopo un ampio e paziente lavoro di consultazione con l’obiettivo di includere una vasta pluralità di voci e competenze, che agisce in completa autonomia rispetto alla direzione della Fondazione – la quale ha e rinnova piena fiducia nei suoi confronti – e che infine ha deciso quasi all’unanimità (nessun voto contrario, una sola astensione) di attribuire il Premio a Olga Karatch, assegnando in aggiunta una menzione speciale all'associazione per i diritti umani ucraina Zmina. Queste indicazioni – alle quali, stando ai verbali degli incontri – si è giunti con grande accordo di tutti membri del comitato scientifico stesso – sono state soltanto recepite, e ufficializzate dal consiglio di amministrazione, che ha poi co-coordinato insieme alle associazioni del territorio la logistica della tournée di Karatch nei mesi di febbraio e marzo (ma non la stesura dell’agenda dei vari incontri, i cui dettagli erano in carico, autonomamente, alle associazioni ospiti).
Inoltre, non ci riconosciamo affatto nell’accusa di equiparare “vittime e carnefici”, e anzi riteniamo questa accusa pretestuosa, perché non solo non tiene conto della ricchezza e della varietà dei contenuti che questa Fondazione continua a produrre e diffondere, ma anche dello stesso pensiero di Alexander Langer. Che, “di fronte ai giovani massacrati a Tuzla”, scrisse che l’ONU avrebbe dovuto chiedere alla NATO di proteggere “le città e le regioni della convivenza” e “fermare effettivamente – con i mezzi necessari – le aggressioni”. Di fermare cioè le stragi delle vittime, di disarmare i carnefici. Ma era quello un contesto non equiparabile a nessuno dei contesti attuali, né andava nella direzione di un’escalation militare di cui nessuno avrebbe potuto prevedere gli esiti, o di un’economia europea di guerra che non era certo un orizzonte auspicabile per il parlamentare europeo costruttore di ponti e saltatore di muri.
Sostenere perciò oggi che il consiglio di amministrazione della Fondazione si allontanerebbe dal pensiero e dall’eredità di Langer, presumendo di sapere che cosa avrebbe detto Alexander Langer sulle guerre in corso, è scorretto non solo verso la Fondazione e le sue ‘scelte’, tra cui quella relativa all’attribuzione del Premio Langer, ma anche verso la memoria dello stesso Langer, tirata – ci si passi l’espressione – per la giacchetta più per ragioni polemiche e ideologiche che per reali motivi di contenuto e metodo. Tra l’altro, proprio chi adduce – nel criticare l’attuale direzione della Fondazione – limiti ‘ideologici’ ci pare ricorrere proprio a categorie ideologiche, per le quali non sembra (più) possibile uno spazio dialettico in cui si possa dialogare nel tentativo di costruire insieme un lessico, e un progetto, capace di far emergere tutte le contraddizioni degli scenari in corso.
Nel metodo, riteniamo infine poco produttivo avanzare critiche esulando da un confronto pubblico e aperto – questa sì, modalità che rispetterebbe il “metodo” Langer – dialogico, argomentato, responsabile. E desidereremmo un dibattito maturo e franco, che possa fornire ispirazione tanto per consolidare la ricchezza di contenuti e di pratiche, quanto per sviluppare idee e percorsi originali, capaci di guardare al futuro.
Yolande Mukagasana è stata in visita in Italia nel quadro delle celebrazioni del 30° anniversario del genocidio dei tutsi in Ruanda. Yolande ha partecipato a varie iniziative a Roma e nel nord Italia, tra cui anche alla posa di due piante di ulivo, una per Giacomo Matteotti e una per Aleksej Naval’nyj nel Giardino dei giusti dell’umanità di Roma e all’inaugurazione di un giardino dei giusti nella scuola Carlo Levi a Lignate. L’intervista di Bettina Foa a Yolande Mukagasana, premio internazionale Alexander Langer 1998, insieme a Jacqueline Mukansonera.
Yolande vicino la pietra dedicata ad Alexander Langer al Giardino dei giusti, a Villa Pamphilj, Roma.
Aperti i termini per la presentazione delle candidature al Premio internazionale Alexander Langer 2024!
Sono ufficialmente aperte le candidature al Premio internazionale Alexander Langer 2024. Obiettivo dell’iniziativa è sostenere e valorizzare gruppi e singole persone che contribuiscono con la loro opera a mantenere viva l’eredità del pensiero di Alexander Langer e a proseguire il suo impegno civile, culturale, politico e per l’ambiente. Dal 1997 al 2023 sono stati attribuiti 22 premi che hanno abbracciato 19 paesi in 4 continenti: Algeria, Bosnia, Cina, Ecuador, Grecia, Haiti, Indonesia, Iran, Italia, Kosovo e Serbia, Palestina e Israele, Polonia, Ruanda, Somalia, Sudafrica, Tunisia, Bielorussia.
Le candidature devono essere presentate in forma scritta entro il 12 giugno 2024. Maggiori informazioni su come presentare una cadidatura qui (info disponibili anche in DE, ENG, FR, ES)
Appuntamenti
Sabato 18 maggio ore 15.00: L’evento dal titolo “Srebrenica ieri, oggi, domani. Volti e storie dalla Bosnia” si propone di comunicare alla cittadinanza lo stato dell’arte del progetto dal titolo “Cultura della memoria nelle prevenzione dei conflitti” realizzato dalla Fondazione Alexander Langer in collaborazione con l’associazione Adopt Srebrenica. Nella seconda parte, dopo un pausa di ristoro, seguirà una occasione di scambio per pensare alla continuazione dell'impegno della Fondazione in quel territorio e di eventuali altri partner a essa vicini. Capitolbar all’interno dell FILMCLUB , Via Streiter 8, nella sala al primo piano. Seguiranno maggiori informazioni.
Sabato 18 maggio: papa Francesco sarà a Verona e prenderà parte all’Arena di pace, dove incontrerà e dialogherà con varie realtà della società civile, dell’associazionismo e dei movimenti popolari presenti in Italia.
Convegno "Alexander Langer Ponti da costruire tra convivenza pacifica, conversione ecologica e federalismo europeo"
Il 27 e il 28 marzo 2024 si è svolto a Roma il convegno "Alexander Langer Ponti da costruire tra convivenza pacifica, conversione ecologica e federalismo europeo" organizzato dalla Link Campus University insieme alla Fondazione Alexander Langer Stiftung, il convegno ha coinvolto numerose persone del mondo dell'accademia e della società civile che con pensieri, ricerche, testimonianze hanno animato le due giornate di studi e confronti tematizzando l'attualità e le molte sfaccettature del suo pensiero. Le riprese integrali delle due giornate sono disponibili su Radio Radicale
E infine, il nostro bibliotecario consiglia..
Panoptikon - Venti saggi sa leggere in dieci minuti
di Hans Magnus Enzensberger
Einaudi 2019
Chi conosce Hans Magnus Ensenzaberger sa quanto il suo sguardo attento variegato sull'umanità derivi da un calibrato mix di common sense e tradizione aulica. Per coloro che invece ne sono digiuni, Panoptikon è un ottimo preludio ad una passione durevole. Il titolo del libro si ispira al gabinetto degli orrori e delle curiosità realizzato da un comico tedesco Karl Valentin nei tardi anni trenta, ma non può non far balzare alla mente il carcere progettato nel 1791 da Jeremy Bentham concepito in modo da consentire ad un unico uomo di osservare tutte le celle. Un esempio concreto si può ammirare, sedendo e mirando il dismesso carcere di Santo Stefano di fronte a Ventotene.
Un unico punto di vista su un mondo ridotto a curiosità ed orrori, più curiosità forse ed un unico orrore, ecco il senso dei venti microsaggi del libro, la cui chiara prosa, tra le bizzarre citazioni che non escludono l'umorismo, insinua nel lettore a tratti una ironica brezza consolante, a tratti un senso di fine imminente, un confuso senso di colpa. Ma da lassù, dal punto zero del panoptikon, appare quanto mai chiara una intima segreta verità e cioè "siamo noi a fare in modo che la confusione non diminuisca ma anzi aumenti, che l'improbabile prevalga e l'imprevedibile vinca". Come sempre, buona lettura.