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Intervista a Yolande Mukagasana di Bettina Foa

Yolande Mukagasana, premio internazionale Alexander Langer 1998, insieme a Jacqueline Mukansonera, in visita in Italia.

Yolande Mukagasana è stata in visita in Italia nel quadro delle celebrazioni del 30° anniversario del genocidio dei tutsi in Ruanda. Yolande ha partecipato a varie iniziative a Roma e nel nord Italia, tra cui anche alla posa di due piante di ulivo, una per Giacomo Matteotti e una per Aleksej Naval’nyj nel Giardino dei giusti dell’umanità di Roma e all’inaugurazione di un giardino dei giusti nella scuola Carlo Levi a Lignate. Abbiamo approfittato della sua presenza in Italia per porle alcune domande.

 

Dopo 30 anni esatti dal genocidio dei tutsi e dal massacro degli hutu moderati in Ruanda, cosa ci puoi dire del tuo paese e del processo di riconciliazione portato avanti in questi tre decenni?

Un insegnamento importante anche per la storia attuale sia del Ruanda che di altre parti del mondo è che il genocidio era evitabile e che è primordiale ristabilire il primato del diritto internazionale.

E’ anche importante non confondere un genocidio con una guerra o con altri massacri di massa.

Nel genocidio in Ruanda sono state disumanizzate le vittime, ma anche gli assassini. Siamo stati uccisi dalle nostre famiglie, siamo tutti dei perdenti.

Dopo l’uccisione in 100 giorni di un milione di persone e l’esodo di circa 3 milioni di uomini, donne e bambine, presi in ostaggio dalle bande criminali genocidarie in fuga, il Ruanda era quasi vuoto ed era pieno di cadaveri. Ci chiedevamo se il Ruanda avrebbe potuto ritornare ad essere un paese e se i ruandesi avrebbero potuto vivere ancora insieme. Ho capito abbastanza presto, grazie anche alle interviste realizzate a sopravvissuti e genocidari per il mio libro “Le ferite del silenzio”, che bisognava vivere insieme.

In questo grande impegno per cercare di ristabilire una convivenza, accanto alla giustizia internazionale e ai tribunali ruandesi, ha avuto un ruolo fondamentale la giustizia tradizionale, la cosiddetta giustizia di transizione, i Gacaca, una giustizia a cui tutti partecipavano, che ha dato anche la possibilità agli assassini di pentirsi e di poter così essere perdonati. In questi 30 anni il Ruanda è quindi riuscito a ricostruirsi e oggi nel mio paese si può vivere in sicurezza e con delle prospettive positive di sviluppo economico e sociale. E questo anche se l’instabilità e l’odio continuano a persistere intorno al Ruanda.

 

Da quasi 15 anni sei tornata a vivere in Ruanda, dove hai continuato il tuo impegno in sostegno dei sopravvissuti e per la memoria del genocidio. Quali sono ora i tuoi progetti?

Continuo a credere che è essenziale lavorare con i giovani. Per me, che ho perso i miei tre figli e dei nipoti nel genocidio, i giovani di oggi sono come miei figli, sono i miei eredi e voglio lasciare loro qualcosa d’importante, un’eredità.

Bisogna sviluppare, già da oggi, senza aspettare domani, la capacità di vivere insieme. Così ho creato una fondazione, la “Fondation Yolande Mukagasana contre les idéologies de haine et génocidaires”, che è impegnata nell’educazione permanente dei giovani contro l’ideologia genocidaria, in collaborazione con l’impegno in tutto il mondo a ricordare le azioni dei giusti.

Ho anche il progetto di creare un giardino dei giusti del mondo in Ruanda, paese dove ci sono molti giusti le cui storie di difesa dei tutsi e di resistenza al genocidio non sono ancora conosciute, e che meritano di essere divulgate, anche per rafforzare il processo di riconciliazione tra i ruandesi.

 

Nel 1998 hai vinto insieme a Jacqueline Mukansonera il premio internazionale Alexander Langer ed è iniziata la tua partecipazione alle iniziative sul Ruanda in Italia. Come vedi la collaborazione con la Fondazione Alexander Langer?

Aver vinto questo premio è stato molto importante per me, mi ha mostrato che eravamo in molti a lavorare per la convivenza e questo mi ha dato molto coraggio. Penso che una collaborazione con la Fondazione Alexander Langer sarebbe molto utile per noi, perché ci potrebbe aiutare in questo progetto di educazione permanente dei giovani alla cittadinanza responsabile e alla convivenza. Tra i primi giusti che vorremmo onorare in Ruanda, c’è Alexander Langer, la cui lotta per la convivenza è sempre attuale in tutto il mondo.

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