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Giorgio Mezzalira: Riempire la memoria urbana

13.5.2021, Corriere dell'Alto Adige - editoriale

Nei primi cento toponimi più diffusi in giro per i comuni d’Italia la percentuale di vie/piazze dedicate a personaggi femminili è del 2%. Il dato sconfortante è contenuto in una recente ricerca di Public History sull’odonomastica femminile. Tra i pezzi da novanta (sic!), i Garibaldi, i Mazzini, i Cavour, i Marconi, i Matteotti, i Carducci, cui si affiancano luoghi celebri (Vittorio Veneto, Piave), date importanti ma anche entità astratte, lo spazio per le donne in questa storia - che non è banalmente fatta solo di strade e slarghi da battezzare - è un piccolo ritaglio; una marginalità come lo è stata per secoli la condizione femminile. Non è un problema di quote di cartelli o targhe da assegnare, secondo l’arida logica compensatoria tanto cara alla politica, che sappiamo continua ad alimentare il “mercato” dell’odonomastica cittadina. Non è nemmeno una gara per far vincere di più le donne. Il problema è che continuiamo a perpetuare l’idea che la memoria urbana parli prevalentemente al maschile e che le donne non solo non abbiano contato nei passaggi determinanti della storia, quelli da ricordare, ma che non siano nemmeno state presenti, non ne abbiano avuto parte. C’è chi, come a Pisa, sta realizzando una storia per strade e luoghi segnati da storie di donne. Un vuoto di memoria da riempire che vale lo stimolo alla ricerca, alla valorizzazione a tutto tondo dell’immagine di una città.

Ecco perché il passaggio di Martha Verdorfer sull’assenza di figure femminili alla Collina dei Saggi di Bolzano, contenuto nella sua orazione civile in occasione della piantumazione del nono albero dedicato a Innerhofer, non è stato inopportuno e non era animato da intenti polemici. La storica sudtirolese ha semplicemente ricordato ciò che questo luogo si è candidato ad accogliere: “Un albero piantato agli uomini e alle donne che nel corso della loro vita hanno fatto brillare la cultura e la conoscenza disseminando nel mondo la pace, la solidarietà, la giustizia, il diritto e la speranza”. Anche alle donne, appunto. E di certo non mancano figure femminili “degne” di questo riconoscimento, ma soprattutto messaggere di valori umani e principi democratici ispirati alla pace e alla convivenza.

La Collina dei Saggi è un promettente investimento culturale e di educazione alla cittadinanza. Dà spessore all'immagine di una città che si interpreta luogo dove coltivare valori e diversità, capaci di piantare profonde e durature radici. Nello stesso tempo si offre come spazio in cui la cultura della memoria può muoversi in campo aperto e misurarsi, come Martha Verdorfer ha suggerito, non solo con i grandi personaggi ma anche ad esempio con i movimenti collettivi di cui sono stati attori insieme ad altre/i. In un'epoca in cui prevale l'individualismo, si sfilacciano i legami sociali e si guarda all'uomo solo al comando (Censis 2019) sarebbe occasione per un’istruttiva pubblica lezione di adesione ai sani principi del vivere civile.

La discussione per ora si è solo aperta. L'auspicio è che, a partire da qui, si sviluppi una riflessione qualificata sulle politiche della memoria. Le importanti operazioni di contestualizzazione storica della monumentalistica del Ventennio portate a termine, insieme alla valorizzazione del muro del Lager di via Resia, ci dicono che abbiamo delle ottime credenziali per avviare un confronto ampio e serrato sulla memoria pubblica, le sue forme, la sua gestione e, soprattutto, il suo futuro. Questioni che evidentemente non si esauriscono con un albero piantato di fresco.

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