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Giorgio Mezzalira: Una nuova stagione regionale

1.12.2018, Corriere dell'Alto Adige - editoriale

C'è grande disordine sotto il cielo italiano nei rapporti tra centro e periferia. Dopo il flop della riforma costituzionale targata Renzi, siamo sotto l'ombrello di un Titolo V dalla fisionomia federalista rimasto chiuso per la virata centralizzatrice del passato governo. Chi non ricorda gli attacchi politici e mediatici alle autonomie speciali? L'attuale esecutivo dovrebbe far ruotare il timone di nuovo verso le autonomie regionali, Veneto in testa, ma il verde della Lega ha lasciato il posto al blu salviniano del “prima gli italiani” (non i padani). E al momento le priorità sembrano altre.

Abbiamo abolito le province, che continuano a sopravvivere sovrapponendosi alle aree metropolitane che dovrebbero sostituirle. Aree metropolitane che, nell'esempio italiano, tolte Roma e Milano che in parte interpretano il ruolo di global cities, non si sa dove e come dovrebbero svilupparsi, mancando in tutti gli altri dodici casi (tanti sono) le premesse socio-economiche e demografiche. Tra ipotesi di macro-regioni disegnate a tavolino e micro regionalismo dissociativo non ci facciamo mancare proprio niente.

Più vicino a noi e alla luce della nuova stagione politica che si apre in Trentino Alto Adige, stiamo assistendo nelle trattative che riguardano la Regione ad una sorta di sua rivitalizzazione, dopo averne celebrato la fine. E' un terreno di potenziale scontro tra Svp e Lega, oggi partner di governo in provincia di Bolzano, ma anche un interessante osservatorio per capire come il partito di Salvini (o Fugatti?) interpreterà l'autonomismo, quello trentino in primis. Sarà barra a nord? Verso l'Euregio? Oppure si guarderà preferibilmente al Nordest a trazione leghista?

Nella pubblicazione di sintesi della ricerca del Censis (ottobre2018) “Il ruolo della dimensione regionale nell'evoluzione del mosaico territoriale italiano” la nuova mappa socio-economica nazionale che esce dalle analisi condotte a livello provinciale assegna alla provincia di Bolzano e a quella di Trento colori diversi. In altri termini, due realtà confinanti, storicamente unite da uno spazio regionale comune, appartengono ad aree omogenee diverse che saltano o debordano gli stessi confini regionali. Bolzano, ad esempio, si trova in compagnia di province lombarde, venete, emiliane e toscane nel raggruppamento costituito da realtà territoriali con solida ossatura in quanto a imprese e servizi, anche avanzati, incardinate in un capitale sociale – si dice nella ricerca – che ha favorito lo sviluppo del territorio. Trento fa parte di un altro gruppo che comprende soprattutto le province del centro Italia (Forlì-Cesena, Arezzo, Siena, Grosseto, Perugia, Macerata, Pesaro-Urbino) ed è caratterizzato da realtà ricche di reti multifunzionali, da una manifattura competitiva. Al di là delle specificazioni di questi e altri raggruppamenti tipologici evidenziati nell'analisi, lasciate Trento e Bolzano per un momento da parte, emerge il volto di un Paese che da, un punto di vista socio-economico, non combina con l'Italia delle regioni che conosciamo. Quella tratteggiata dal Censis è un'Italia che esiste e sarebbe bene, seguendo i suggerimenti della ricerca, che la classe dirigente regionale, tutta, e qui il pensiero corre immediatamente ai nostri leader, non si limitasse a ragionare solo di competenze e risorse attribuite, ma cominciasse ad ampliare lo sguardo e muoversi verso logiche cooperative e funzionali di più larga scala. Verso una concezione nuova e aggiornata di regionalismo.

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