Giorgio Mezzalira: Quanta ostilità nei confronti degli immigrati
La ricerca sull’estremismo commissionata dall’assessore Theiner ha portato alla luce la presenza nella nostra provincia di una “zona grigia” in cui possono incubare xenofobia e razzismo. La compone una percentuale che è di uno su tre e ne sono interessati indifferentemente giovani e adulti, senza distinzione. Sono dati che confermano la bontà dei risultati dell’indagine sui giovani presentata da poco e condotta dall’Astat (2009), che contiene tra l’altro un capitolo su come la pensano i nostri ragazzi sugli stranieri.
Un terzo di loro crede che gli immigrati portino via i posti di lavoro ai disoccupati della nostra provincia e sostiene che sarebbe meglio tornassero a casa loro. Il dato di tendenza che emerge, è che ci sono sempre meno persone disposte a fornire loro un aiuto. Rimangono a confortarci gli altri due terzi, o poco meno, e le avvertenze opportunamente segnalate nelle pagine dello studio, laddove si dice che un determinato atteggiamento non produce necessariamente un determinato comportamento, così come non si può desumere un atteggiamento di principio di fronte ad una determinata azione. D’accordo. E’ altrettanto vero però, e giustamente lo si rammenta in questa indagine, che il confine tra pregiudizio e discriminazione è assai sottile.
Questa nostra vulnerabilità verso atteggiamenti di scarsa tolleranza, quando non di aperta ostilità, nei confronti degli stranieri viene da lontano e da vicino. E’ un tratto culturale – e si fa fatica ad usare questo termine – che caratterizza in maniera sempre più diffusa non solo molti italiani, ma anche molti europei, alle prese con una società che, anche per la pressione esercitata dai flussi migratori provenienti dal sud del mondo, diventa sempre più multietnica. La difficile congiuntura economica rende tutto più complicato ed ansiogeno. Nel breve volgere di due decenni, nell’Italia cattolica e del volto umanitario da esportazione, Paese di emigranti e di grandi migrazioni interne, abbiamo assistito allo sdoganamento di un lessico, di un modo di fare comunità e di un fare politica dai forti connotati xenofobi. Un’intolleranza che cresce al riparo del “padroni in casa propria”, uno slogan ed un programma di assoluta ed immediata intelligibilità.
Da vicino, e l’indagine a cui si è fatto cenno lo illumina, ci dovrebbe far riflettere la correlazione
significativa che esiste fra il grado di ostilità ed i contatti con i concittadini stranieri: i ragazzi che più si dimostrano ostili nei confronti degli stranieri sono coloro che più frequentemente hanno solo amici all’interno del loro gruppo linguistico. Come a dire, quanto più il gruppo è chiuso ed esclusivo, tanto più cresce il pregiudizio nei confronti degli “altri”, che sono identificati genericamente tali, proprio perché non si conoscono, perché non si frequentano. Stranieri, o meglio e con una locuzione più consona ai tempi, “a noi estranei”.