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Giorgio Mezzalira: Langer e le utopie concrete

19.6.2019, Corriere dell'Alto Adige e del Trentino - editoriale

Mala tempora currunt. Lo dicevano già gli antichi, ma non ci solleva ricordarlo. L'orizzonte che ci si para davanti ha le tinte forti dei tempi bui. Le prospettive del futuro del pianeta squadernano un mondo in cui passa la voglia di viverci e comunque destinato a implodere, in assenza di cure urgenti. Per il momento facciamo esercizio di futuro distopico, quello più catastrofico per intenderci, immergendoci nei romanzi visionari di Michel Houellebecq, per citare uno degli autori di maggiore successo. E chissà se la fortuna di questo nuovo genere letterario sia da imputare al bisogno, tutto nostro, di esorcizzare la paura di un simile epilogo. Allarmismo? No, a giudicare dai risultati del monitoraggio costante dello stato del pianeta e dall'incapacità dei paesi più industrializzati di avviare soluzioni che almeno rallentino, a livello globale, la marcia verso l'abisso. Così Noam Chomsky, linguista e filosofo statunitense nonché impegnato pacifista e attivista per l'ambiente, definisce il prodotto di un capitalismo sconsiderato che punta solo allo sfruttamento delle risorse delle terra: la corsa verso il precipizio. Parlando di futuro del pianeta, lo sguardo lungo del pensatore invita a interrogarci se sia meglio essere più intelligenti o più stupidi, visto che il successo biologico diminuisce quando l'intelligenza aumenta. E il fallimento nell'affrontare la sfida più grande della storia umana, così Chomsky definisce quella ambientale, è una triste prova della plausibilità di questa tesi.

C'è e va positivamente colta, una nuova sensibilità verso i temi dell'ambiente da parte dei giovani, c'è la voglia di farsi sentire. Greta Thunberg ha saputo risvegliarle. La speranza è che da tutto questo nascano iniziative, soprattutto che cresca e si irrobustisca la coscienza ambientale delle nuove generazioni. Ma c'è pure bisogno che l'idea di un futuro per il pianeta non rimanga prigioniera di paure e scenari apocalittici. Alexander Langer, anima del movimento ambientalista, parlava non a caso di idee per un futuro “amico”, indicando con ciò un cambiamento anche di prospettiva. La visione di un mondo giusto è un'utopia che dobbiamo saper costruire e coltivare, deve far parte del nostro orizzonte, indicarci una strada da percorrere, darci la forza per andare avanti. La distanza tra la radicalità dell'utopia, come aspirazione a un mondo “altro” e la realtà di questo mondo con le diseguaglianze e gli squilibri che lo contraddistinguono, non è lo scarto incolmabile che separa il qui e ora da promesse messianiche, i duri e i puri da tutti gli altri. E' piuttosto lo spazio che abbiamo a disposizione per progettare e costruire percorsi coerenti e compatibili con il disegno che coltiviamo per la nostra utopia. Un percorso fatto di piccoli e grandi passi possibili, anche lenti ma costanti, sul piano della salvaguardia dell'ambiente e delle specie, compresa quella umana. Passi che si muovano coerentemente dentro a una visione di cambiamento. Langer li aveva chiamati con una felice espressione “utopie concrete”, ricordandoci nel contempo che la conversione ecologica potrà affermarsi solo se apparirà socialmente desiderabile.

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