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Intervista a Marianita De Ambrogio e Fabiano Ramin, Rete Radié Resch di Padova: Dadoue ha scelto gli ultimi degli ultimi

28.6.2011, nella foto jean Bonnélus con uno dei figli

 Come avete conosciuto Elane “Dadoue” Printemps?

Marianita. Negli anni Ottanta il gruppo di Padova della rete Radié Resch seguiva un progetto nella Repubblica Dominicana, nell'ambito del quale nel 1993 era venuta in Italia una delegazione mista di dominicani e haitiani. Fu in quell'occasione che sentimmo parlare per la prima volta di questa donna che aveva deciso di dedicarsi anima e corpo alle popolazioni che vivono sulle montagne della regione dell' Artibonite ad Haiti.

Ne nacque così un rapporto epistolare e nel 1995 decidemmo di andare a conoscerla.

Fabiano. Dadoue aveva avuto una formazione come infermiera e da giovane aveva intrapreso un percorso religioso che l'aveva portata a entrare in un convento. Quella vita però le stava stretta e così aveva presto lasciato quella congregazione per seguire le indicazioni di un religioso dell'ordine dei Domenicani, Frantz Grandoit, che aveva vissuto per diversi anni all'interno del paese e che le aveva proposto un intervento presso le comunità contadine che vivono nelle zone di montagna. Dadoue si era quindi recata in questi luoghi portando dapprima la propria competenza nell'ambito sanitario per presto scoprire che le necessità erano molto più ampie.

Per superare le iniziali diffidenze dei locali e per farsi accettare dalle famiglie, aveva iniziato occupandosi dei bambini. I genitori però, vedendosi in qualche modo sottrarsi forza lavoro, non avevano subito apprezzato, solo scoprendo che i bambini in effetti imparavano delle cose accettarono il suo aiuto. All'inizio Dadoue aveva come spazio di lavoro solo uno stanzone, senza alcuna attrezzatura. Lei però riusciva a fare con quello che aveva e i bambini presto diventarono sempre di più.

Marianita. Il suo è stato un cammino quasi solitario all'inizio, infatti Frantz Grandoit era preoccupato di averla mandata lassù, ma poi fu il primo a rimanere ammirato dall'incredibile capacità di animazione di Dadoue. In fondo penso sia stata questa la chiave di tutto: la sua capacità di coinvolgere le persone, di motivarle.

Dall’esperienza della scuola, è nata in seguito l’organizzazione Fddpa ( Forza per la Difesa dei Diritti dei Contadini Haitiani).

È sempre difficile spiegare la realtà haitiana della montagna. La prima volta che ci andai, nel '95, rimasi sconvolta dalla durezza di quella miseria e dall'assenza totale dello Stato haitiano. Le stesse scuole messe in piedi da Dadoue non sono riconosciute da nessuno, infatti i ragazzi che vogliono continuare gli studi devono andare in città a fare un esame.

D'altra parte, se non ci fosse stata lei, questi bambini a scuola non sarebbero mai andati. Parliamo di un posto dove mancano anche le strade. E' vero che non ci sono grandi distanze e che gli haitiani camminano molto, però per salire e scendere una montagna ci vuole tempo e i bambini non ce la fanno.

 

Di cosa vivono questi contadini?

Fabiano. È quello che ci chiediamo anche noi. Io ho vissuto in questa comunità qualche giorno. Ecco si sappia che partivo con un veicolo e arrivavo in zona con la mia acqua da bere e le mie vettovaglie perché la comunità non era in grado di soddisfare neanche queste esigenze minime.

Ebbene, in questo contesto Dadoue è riuscita a costruire qualcosa di solido, di permanente e soprattutto di bello. Lei ci teneva molto a che gli ambienti fossero belli, che ci fossero le sedie e i tavoli, i manifesti, i fiori finti. Tutto per rendere il luogo il più accogliente possibile.

Pur essendo un ambiente tropicale, dove il clima caldo umido facilita la vegetazione, il territorio collinare montagnoso è completamente deforestato, senza alberi. Il governo non ha mai promosso politiche agricole, né si è occupato di distribuire la terra, ancor meno di incentivare energie alternative, in un paese dove il carbone credo rappresenti ancora il 70% delle fonti energetiche. Il risultato è che la gente ha fatto quello che poteva, sfruttando l'ambiente fino a depauperarlo.

Da dicembre fino ad aprile, in quei luoghi, chi non ha avuto la possibilità di fare scorte di mais o fagioli, ad esempio, vive producendo il carbone o vendendo legna. Che poi non dobbiamo pensare ai nostri boscaioli, lì i contadini, se va bene, vendono una fascina di legna, perché l'ambiente è stato sfruttato fino all'osso. Dicono che stanno togliendo le radici degli alberi che hanno tagliato. Sono arrivati a questo punto.

Nelle zone dove siamo stati prevale questa sensazione di una miseria mortale. Dadoue veramente ha scelto gli ultimi degli ultimi, ma non c'era rassegnazione in lei: voleva assolutamente cambiare lo stato delle cose.

Nei canti di lotta si dice che Haiti può essere più bella e più ricca però dobbiamo metterci assieme gli uni con gli altri.

 

Dadoue si era data molto da fare anche all'indomani del terremoto del 2010...

Marianita. Il terremoto non ha interessato direttamente le zone di intervento di Dadoue, ma lei si è subito mobilitata.

Devo dire che per qualche giorno non avevamo avuto notizie e quando sono infine riuscita a parlare con lei, per la prima volta l'ho sentita scossa, mi ripeteva: “Tu non puoi immaginare, tu non puoi immaginare...”. Parlava di questo senso della distruzione totale, con tutte quelle perdite umane.

Gli haitiani, in attesa che arrivassero gli aiuti, non erano certo rimasti con le mani in mano. Nella società haitiana ci sono molte organizzazioni cosiddette popolari, organizzazioni contadine, di difesa dei diritti umani, e si era subito creata una rete che cercava di organizzare degli interventi. Certo la situazione era disperata: Dadoue ci raccontava di questa gente che cercava sotto le macerie a mani nude; c'è stata anche molta solidarietà. Lei comunque era subito accorsa, offrendo le sue competenze di carattere sanitario. Si lamentava di come gli aiuti fossero stati distribuiti nella maniera più disorganizzata, per cui in un posto arrivava di tutto e in altri non arrivava niente; in assenza di disinfettanti e antibiotici aveva dovuto ricorrere alla medicina tradizionale.

Poi lei aveva avuto un'intuizione felice: aveva organizzato l'acquisto di prodotti agricoli da distribuire a chi ne aveva bisogno. Molti degli alimenti che erano arrivati per fronteggiare l'emergenza erano infatti lontani dalle abitudini degli haitiani. Allora Dadoue era riuscita a far arrivare le banane, la yucca, il mango, facendo felici i destinatari degli aiuti che potevano mangiare quello a cui erano abituati, ma anche i contadini, che potevano così vendere i loro prodotti. Anche il governo avrebbe dovuto seguire questa strada. Invece in queste situazioni prevale sempre questa politica degli aiuti che vengono da fuori e che finiscono per aggravare la situazione.

Io sono stata ad Haiti in ottobre. Dopo un anno la gente della tendopoli aveva iniziato a metter su piccole attività commerciali, negozi, panifici, tutte cose molto povere. Mi spiegavano: “Non possiamo stare qui ad aspettare, senza fare niente”.

Questo per dire che la gente non è rassegnata, è impotente, nessuno li ascolta. A distanza di un anno e mezzo troppo poco è stato fatto e ora sta arrivando la seconda stagione delle piogge che queste persone si faranno sotto le tende - una cosa allucinante - che poi non sono neanche vere tende, sono dei teloni oppure delle specie di igloo dove di giorno è impossibile star dentro perché soffochi e di notte devi stare in piedi per tenerle su, altrimenti ti crollano in testa sotto l'acqua.

 

Il 24 aprile Dadoue è stata uccisa...

Marianita. Quel giorno era andata in città a trovare dei conoscenti; l'organizzazione dei contadini aveva un camion che usava un po' come mezzo pubblico, per cui lungo la strada raccoglieva le persone. Lungo il tragitto attraversò Cité Soleil, una delle più grandi bidonville che circonda Port-au-Prince, un ambiente anche molto violento. Un paio di persone minacciarono l'autista e fermarono il camion. Probabilmente volevano rapinare le persone che c'erano a bordo. L'autista istintivamente ha cercato di scappare, ma questi hanno sparato. Dadoue era seduta a fianco dell'autista. E' morta sul colpo. Si era trovata nel posto sbagliato nel momento sbagliato.

Per la comunità è stato veramente un colpo: la reazione nella montagna è stato un terribile senso di abbandono, una perdita irreparabile. Tuttora è in corso un lavoro di accompagnamento per restituire a questa gente un po' di fiducia nel futuro.

Ma senza Dadoue non sarà facile.

 

Resta un po' di mistero attorno a lei...

Marianita. Non si sa nemmeno che età avesse. Ci sono documenti discordanti. Durante il colpo di di Stato del generale Cédras, lei dovette fuggire in Nicaragua e probabilmente le fecero dei documenti con dei dati un po' approssimativi, che non corrispondevano alle sue generalità.

Stiamo raccogliendo le testimonianze delle persone che l'hanno conosciuta e, ad esempio, Frantz Grandoit, ricostruendo il primo incontro, a un certo punto dice: “Mi si è presentata una giovane Edith Bonaluce”. E parla di Dadoue.

Fabiano. Non sappiamo nemmeno il suo vero nome...

intervista a cura di Barbara Bertoncin-una città, Forlì
www.unacitta.it

giugno 2011

 

 

Rete Radié Resch di Padova è una associazione di solidarietà internazionale fondata nel 1964 dal giornalista Ettore Masina, su ispirazione del prete operaio francese Paul Gauthier. L'incontro tra Masina e Gauthier avvenne in Palestina in occasione del viaggio del Papa Paolo VI.

Radié (Radia) Resch è il nome di una bambina Palestinese, morta di polmonite mentre era in attesa di una vera casa: con la famiglia infatti viveva in una grotta a Betlemme. E il nostro primo progetto è stato quello di finanziare la costruzione di case per alcune famiglie Palestinesi.

Seguirono poi progetti in molti altri luoghi, soprattutto Sud America e America Centrale, ma anche, più recentemente in Africa.

La Rete vuole porre nel presente segni di umanità futura, attraverso il sostegno a realtà piccole e significative che si pongono in modo alternativo al modello economico dominante. Sono realtà organizzate e autogestite che lottano nei loro paesi contro l'impoverimento, per costruire società fondate sulla giustizia.

Collaboriamo con persone e comunità del Sud del mondo per realizzare un interscambio di amicizia, di valori e di esperienze che contribuiscano alla crescita reciproca.

La Rete Radié Resch si fa conoscere anche attraverso un sito web (http://www.reterr.it) , dove c'è spazio per le reti locali, per i progetti di solidarietà sostenuti e per approfondimenti tematici.

 

 

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