Andrea Nicastro Intervista Narges Mohammadi: La promessa dei ribelli, non molliamo
"Li chiamavano i voti silenziosi, ma questa volta hanno parlato. Li avete visti: prima in strada, poi nelle code dei seggi. Vogliono farci credere che si siano pronunciati per Ahmadinejad. Non scherziamo, gli iraniani sono più intelligenti di così.”
Fuori dalle finestre del suo ufficio su Vali Asr, cominciano a sentirsi i primi colpi di clacson.
“mi hanno appena telefonato per dirmi che una manifestazione sta per scendere verso il centro della città”.
Narges Mohammadi è una fisica, ma appena terminato il suo orario d’ufficio diventa la numero due di Shirin Ebadi, la Premio Nobel per la pace.
“dobbiamo usare le leggi per allargare gli spazi che abbiamo. So che nei passati quattro anni la legge è stata letteralmente derisa e nei prossimi quattro, con di nuovo Ahnadinejad, lo sarà ancora di più. Ma noi abbiamo il dovere di andare avanti. Nonostante l’ultimo governo, i movimenti femminili, studenteschi e sindacali hanno fatto progressi. Se la società civile cresce riuscirà a mettere le redini allo Stato”.
Suo marito, Taghi Rahmani, è stato per 14 anni nelle prigioni della Repubblica Islamica. Le tre volte fermata, eppure ha ancora voglia di lottare. Senza violenza.
“La democrazia non compare all’improvviso. Se fosse stato eletto Mousavi, gli spazi si sarebbero allargati. Non sarebbe stato un miracolo, come non lo è stato con gli otto anni di presidenza Kathami. Ma quelle conquiste ancora oggi non sono riusciti a togliercele”.
Sulla causa di colossali brogli Narges è caustica. “Non sono in grado di rispondere. Le elezioni iraniane sono invisibili a tutti. Io faccio parte di un Comitato per le Elezioni libere. Siamo una piccola organizzazione, siamo appena 25. Che paura possiamo fare? Eppure, quando abbiamo chiesto il permesso di poter osservare l’andamento elettorale, il nostro portavoce è stato arrestato, tenuto in carcere per due mesi e io interrogata per tre ore. Solo per aver chiesto. Quindi, scusate, ma davvero non so se in queste elezioni ci siano stati o meno dei brogli.
Di una cosa sono però convinta: i rivali di Ajmadinejad chiedevano solo diritti civili, libertà di pensiero e di parola”.
Andrea Nicastro
Corriere della Sera 14 giugno 2009