Azir Osmanovic - gruppo locale Adopt Srebrenica. Il testo del suo intervento al convegno finale
Quale futuro per la Bosnia Erzegovina e Srebrenica?
Signore e signori, stimati tutti i presenti, vorrei innanzitutto salutarvi e ringraziare gli organizzatori per l'occasione datami di potervi rivolgere qualche parola.
Mi chiamo Azir Osmanovic, sono professore di storia e lavoro nella biblioteca comunale (popolare) di Srebrenica. Sono nato nel villaggio di Ljeskovik, vicino a Srebrenica. Durante la guerra ho vissuto a Srebrenica fino al luglio del 1995 l'anno del genocidio sul mio popolo – i Bosngnacchi di Srebrenica. Sono tornato a Srebrenica nel 2002.
Come un uomo relativamente giovane porrò l'accento del mio discorso sul futuro dei giovani, sia a Srebrenica che in Bosnia Erzegovina (BiH). Anche se i Balcani sono una regione particolarmente strana e imprevedibile e, se non è facile prevedere nemmeno ciò che può succedere dall'oggi al domani, figuriamoci per un periodo di 10, 50 o 100 anni, proverò comunque a spiegare come io vorrei vedere il futuro dei giovani e della società intera a Srebrenica e in BiH.
Il ritorno nella mia città natale dopo avervi vissuto la paura e la perdita di numerosi familiari è stato un passo difficile, ma è stato anche un dovere nel rispetto dei miei fratelli che hanno dato le loro vite perché io possa vivere oggi qui. All'inizio non è stato facile. Pochi dei giovani della mia generazione non si aspettavano un domani migliore. Ma di anno in anno questo numero ha cominciato a crescere. Posso dire che oggi esiste a Srebrenica un gruppo di 30-50 giovani appartenenti ad entrambi i popoli che lavora, ed è pronto a continuare a lavorare, per la riappacificazione e per la costruzione di una società migliore.
E' vero che questo non è ancora sufficiente. Ai giovani bisogna dare la possibilità di partecipare al processo decisionale in una comunità, il nostro Sindaco ha fatto sin'ora molto a riguardo e bisogna continuare su questa strada anche in futuro. I giovani dovrebbero essere la colonna portante di tutte le comunità. Se non ci sono i giovani, si pone in discussione la stessa esistenza della comunità.
Questo per dire che dobbiamo lavorare per creare le condizioni per una vita normale dei giovani a Srebrenica, se vogliamo attirare un numero maggiore di essi nella comunità. Dobbiamo lavorare per aprire un numero maggiore di posti di lavoro, per inserire i giovani nelle istituzioni pubbliche senza tenere in considerazione a quale credo religioso appartengano, dobbiamo costruire una maggiore fiducia tra di noi e valorizzare le nostre differenze.
Dobbiamo dire in modo chiaro e ad alta voce che a Srebrenica è successo il genocidio e che questa è la ragione principale della situazione odierna, ma allo stesso tempo noi giovani dobbiamo dire: “Possiamo andare avanti solo insieme e solo in questo modo la città di Srebrenica non morirà“.
L'emarginazione di qualsiasi popolo, sotto qualsiasi pretesto, è un passo indietro. Dobbiamo lavorare tutti insieme. Lo abbiamo fatto fino ad adesso, m dobbiamo lavorare molto si piu' se vogliamo un futuro migliore per noi e i per nostri figli. Investire sui giovani è l’investimento migliore. La costruzione di questo pilastro principale è il compito piu’ difficile, però una volta riuscita, possiamo essere sicuri che questa costruzione non crollerà.
I giovani devono essere responsabilizzati, coscienti del loro ruolo nella società e del fatto che la creazione di condizioni migliori di vita può agevolare solo loro e non di certo i politici che sono piu’ anziani, e che bisogna lottare per questo. Attraverso il compromesso e l’accordo possiamo ottenere una comunità piu’ forte. Dal momento che questi due elementi non ci sono, non c’è progresso.
Martin Luter King ha cominciato la sua missione con la frase “Ho un sogno…”. Così anche io ho un sogno e spero che si realizzi. Il mio sogno è che “Srebrenica diventi una città nella quale le persone desiderano vivere,che diventi un contesto multietnico, una città economicamente forte, una città con un numero piu’ alto di cittadini, almeno come prima, quando ne aveva 30.000, che diventi una città di dialogo e comprensione e una città dell’eterna ammonizione che il male, il genocidio, non si ripeta mai piu’”.
Non sono né un rivoluzionario né un leader, però sono giovane e vorrei continuare a lavorare con le persone che hanno un sogno simile al mio…. Grazie molte….
Traduzione di Ajna Galicic