Alexander Langer Alexander Langer Racconti e ricordi

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STEFANO RECCHIA, RIPERCORRENDO I SENTIERI DI ALEX

1.5.1997
Più o meno tutti conosciamo Alexander Langer come colui che per primo riuscì nel difficile tentativo di affiancare alla sua lotta quotidiana per un mondo più giusto e pacifico l'impegno per la salvaguardia dell'ambiente. Da questo efficace connubio interattivo tra politica ed ecologia nacque in seguito il partito dei "Verdi", di cui Langer fu allo stesso tempo fondatore e massimo esponente. Ma fu nella fattispecie su altri fronti che Langer si trovò a dover combattere la sua "battaglia" più dura ed estenuante: Ancora troppo poco si è parlato infatti del suo impegno politico e civile nella sua terra d'origine, il Sudtirolo-Alto Adige. A due anni dalla morte è uscito un libro che mette in luce un Langer di per sè nuovo e inconsueto ai più, un Langer diverso, un Langer "sudtirolese" appunto. Un aiuto per meglio capire la difficile realtà di una provincia tra le più ricche d'Europa, una terra di confine dove la convivenza pacifica rimane a tutt'oggi un obiettivo ancora lontano, quasi alla stregua di un miraggio, una fata morgana dalle dissolvenze improvvise e inaspettate.

Sull'imbrunire, una soffice coltre nebbiosa ha da poco avvolto il verde paesaggio alpino della Val Pusteria, conferendogli un aspetto inusuale, quasi di fiaba. Sono le 21.00 passate e le viuzze del paese si stanno man mano svuotando. La via della piazzetta, una caratteristica legata a consuetudini più mediterranee, non fa parte delle usanze di questa gente. un cartello bilingue nuovo fiammante ci indica che siamo a San Candido, paese all'estremo nord della penisola, a una manciata di chilometri dal confine con l'Austria. In questo paese un po' sperduto e allo stesso tempo affascinante, Riccardo dello Sbarba e Sigfried Baur, entrambi studiosi della problematica sudtirolese, hanno deciso di presentare al pubblico la loro ultima fatica, una raccolta di scritti e pensieri del defunto Alex Langer. Oltre ad un nutrito gruppetto di gente del luogo - italiani e tedeschi tutti insieme, cosa alquanto inusuale da queste parti - ci sono anche alcuni turisti particolarmente attenti. Si intravede la faccia del sindacalista Bruno Trentin, e c'è anche Pietro Barrera, segretario del sindaco di Roma Francesco Rutelli.

Le idee di Langer, come sin dall'inizio sottolinea il professor Baur, vengono oggi considerate come teorie sulla convivenza pacifica tra i popoli già scientificamente accertate. Il luogo comune del sognatore idealista si addice dunque ben poco al personaggio Alexander Langer che, al contrario, sarebbe sempre stato un pensatore "alquanto dogmatico e concreto". Inoltre "Langer..., divenuto parlamentare europeo nel gruppo verde, non esibiva alcuna spocchia e presunzione, anzi incarnava una concezione del potere intesa come poter essere e poter fare con [tutti] e al servizio di tutti." Così lo studioso piacentino Franco Toscani mette in risalto le grandissime qualità umane di questo "costruttore di ponti", com'egli stesso lo definisce amichevolmente.

La lettura del nuovo libro presentato a San Candido potrà senz'altro aiutare molti di noi nell'intento di capire meglio chi era e cosa voleva questo personaggio troppo spesso ignorato ed evitato perché non compreso. Allo stesso modo gli scritti langeriani ci permettono di penetrare a fondo nella complessa realtà locale sudtirolese.

Dopo gli studi di giurisprudenza a Firenze e un successivo periodo di permanenza a Roma e a Bonn, nel 1978 Langer decise di tornare "a casa". A questo proposito Riccardo dello Sbarba, già giornalista de "Il Manifesto", ci spiega come Alex aveva in un certo senso "intuito" la grandissima opportunità che all'epoca si prospettava per la società sudtirolese. "In quegli anni", così dello Sbarba, "si stava cristallizzando una situazione socio-politica a dir poco unica". In effetti, a partire dall'entrata in vigore del secondo Statuto d'Autonomia nel gennaio 1972 (una specie di "piccola costituzione" per la provincia di Bolzano), la popolazione di lingua tedesca cominciò per la prima volta a sentirsi fortemente rassicurata. Gli italiani, d'altro canto, andavano perdendo quella che fino ad allora era stata una posizione egemonica di privilegio pressochè totale e, seppur di malincuore, si apprestavano a condividere una convivenza più "leale". La tensione fra i due gruppi linguistici (il termine "gruppo etnico" potrebbe apparire per certi versi discriminatorio) aveva raggiunto il minimo storico, gli attentati ai tralicci di fine anni Sessanta erano ormai un ricordo lontano. Grazie a questo "momento magico" un avvicinamento tra i due gruppi sarebbe stato, secondo Langer, "più attuabile che mai".

Di lì a poco tuttavia fu la realtà stessa a disilludere gli ottimisti e Langer in primo luogo. Su entrambi i fronti un'occlusione mentale spaventosa, accompagnata da un opportunismo politico che a tutt'oggi rasenta i limiti del ridicolo, fecero ben presto svanire ogni prospettiva di avvicinamento. Negli anni Ottanta poi la polarizzazione etnocentrica - ma a questo punto potremmo tranquillamente parlare anche di "ghettizzazione" - raggiunse dimensioni impensabili pochi anni prima. Per non parlare poi del triste panorama politico del Sudtirolo-Alto Adige: all'elettore infatti non è dato di scegliere tra il partito social-democratico o repubblicano-liberale, tra quello operaio o la controparte imprenditoriale. Tutto il dibattito politico si limita a un discorso etnico fortemente incentrato sui nazinalismi. Regolarmente, oltre il 90% della popolazione di lingua tedesca vota per lo storico Partito Popolare tirolese (SVP), che a livello nazionale fino a pochi anni fa tratteneva un'alleanza ufficiosa (e poco trasparente) con la DC di Giulio Andreotti. Gli italiani, che allo stato attuale rappresentano circa il 30% della popolazione locale, non voglione essere da meno: cresce ad ogni elezione la percentuale dei voti dati ad AN, che da queste parti conserva e sfoggia con orgoglio il proprio retaggio fascista. Se si eccettua il partito verde-alternativo e dichiaratamente interetnico fondato dallo stesso Alex Langer, la sinistra da queste parti è pressocchè inesistente. In questo sistema alquanto perverso e decisamente poco democratico sono poi gli stessi esponenti politici a battersi per il mantenimento dello status quo, presupposto fondamentale del loro potere.

Nel corso della serata a San Candido è poi ancora Sigfried Baur che puntualizza la situazione attuale: "L'ipotesi dell'insieme l'abbiamo già da tempo lasciata alle nostre spalle, oggi al massimo ci troviamo di fronte ad una con-vivenza su binari paralleli ma nettamente distinti." Secondo Baur infine, continuando di questo passo potremmo ben presto trovarci a confronto con una realtà per certi versi paragonabile a quella del Sudafrica pre-mandeliano. Infatti, mentre specialmente nelle zone agricole al di fuori dei grandi centri urbani il gruppo tedesco sta gradualmente "riconquistando" i propri terreni, gli italiani soffrono e si sentono sempre più "a disagio". Specialmente i giovani poco radicati nella realtà locale tendono ad emigrare verso sud, "per evadere", come essi stessi affermano, "da questo mondo troppo chiuso ed ermetico". Tutto ciò comporta una sensibile diminuzione della popolazione italiana in Sudtirolo, con un conseguente impoverimento del tessuto culturale e sociale. Dello Sbarba parla di un "plurilinguismo" e di una "multiculturalità" i quali - in una società che si autodefinisce "civile" - vengono tuttora visti come una malattia, come un "tumore maligno che deve essere asportato ad ogni costo".

La popolazione locale inconfutabilmente soffre di tutto ciò, spesso nemmeno rendendosene conto. A tale proposito Sigfried Baur premette di non voler creare dei paralleli azzardati, "ma il fatto che il Sudtirolo sia la provincia d'Italia con il più alto tasso di suicidi non può certo essere un caso. La nostra autonomia, che peraltro regola in modo estremamente statico e burocratico la vita all'interno della società, ha portato indubbiamente tanto benessere. Ma, aihmè, solo di benessere materiale si tratta! Alla componente sociale e culturale, al benessere più prettamente "umano" viene data ben poca importanza, con le conseguenze che tutti noi conosciamo ed avvertiamo".

Nonostante tutto ciò, sia dello Sbarba che Siegfried Baur alla fine si dimostrano sorprendentemente ottimisti sulle possibilità di sviluppo futuro. "L'eterno riferimento agli eventi del passato" spiegano i due, "ben difficilmente potrà risolvere i problemi che oggi ci troviamo a dover affrontare", una grandissima opportunità verrebbe oggi data dalle numerose iniziative popolari che ancora "credono in un futuro migliore". Secondo dello Sbarba, "su queste dobbiamo puntare per il nostro futuro, solo esse possono preparare il terreno per quella svolta politica in cui Alex aveva sempre creduto".

"Langer" - conclude il giornalista toscano naturalizzato sudtirolese - "per questa terra ha fatto tanto, più di quanto non possa apparire a prima vista. Se la svolta mai ci sarà, lo dovremo anche al suo forte impegno e alla sua lungimiranza, caratteristiche di tutto il suo fare ed operare."

"Continuate in ciò che è giusto", furono le ultime parole che Langer lasciò prima di andarsene in quella splendida giornata di luglio del 1995. Oggi più che mai, il "non-seguire" o addirittura il "dimenticare" queste parole dal significato tanto profondo potrebbe rivelarsi fatale. Fatale non solo ai fini della questione sudtirolese, ma fatale per quanto riguarda la convivenza pacifica fra tutti i popoli e le etnie diverse, a tutte le latitudini e in tutti i paesi del mondo.
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