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Giorgio Mezzalira: La buona lezione di Langer

3.7.2020, Corriere dell'Alto Adige e del Trentino- editoriale

Alexander Langer è una figura di intellettuale e politico che appartiene alla storia della nostra regione e a pieno diritto a quella europea della seconda metà del novecento. E non solo perché è stato parlamentare in Europa, eletto nelle liste dei Verdi a partire dal 1989 fino alla sua prematura morte. A 25 anni dalla sua scomparsa, l’eredità del suo pensiero non è per nulla sfumata e il suo modo di concepire l’impegno politico, lontano dai dogmatismi, dalla fascinazione e dall’esercizio del potere, è un riferimento cui soprattutto i giovani possono guardare. Si definiva “facitore di pace”, a sottolineare l’importanza di contribuire concretamente a prevenire e ricomporre le fratture nelle zone di conflitto, piuttosto che rischiare di rimanere prigionieri di una pace astratta e di un pacifismo privo di strumenti per raggiungere i suoi obiettivi. Lo sosteneva in questa sua convinzione l’esperienza del “gruppo misto”, piccolo laboratorio di dialogo e convivenza avviato in Sudtirolo negli anni Sessanta, dove Langer con un piccolo gruppo di amici italiani e tedeschi condividevano l’esercizio dell’ascoltare l’altro, impararne la lingua, comprenderne la cultura, mettere a confronto le proprie storie. Da queste prove di contatto e di scambio ha preso forma un modello culturale interetnico che si presta oggi come importante strumento di pacificazione e ricomposizione dei conflitti. Nella consapevolezza che aprire la strada al dialogo e alla convivenza non è né facile né lineare, ma rappresenta l’unica alternativa alla contrapposizione etnica o nazionalistica. Nel suo Sudtirolo, lo sappiamo, tale modello non ha prevalso, non si è imposto, ma le esperienze che ha generato e le idee che ha messo in circolazione hanno fatto crescere gli anticorpi contro le possibili derive etnocentriche della nostra società. A chi è stato definito, a torto, “nemico dell’autonomia” questo almeno gli dovrebbe essere riconosciuto.

Langer è stato un uomo di confine se con questo vogliamo indicare colui che ne sa interpretare al meglio la ricchezza e la complessità, colui che sa aprirsi al mondo senza mai dimenticare da dove viene. La sua stessa biografia è un rimando continuo all’intreccio tra origini e provenienze culturali, linguistiche, religiose diverse. Lo si potrebbe definire il paradigma positivo di cosa possa voler dire nascere e vivere al confine tra due mondi, sia che si tratti di mondi che hanno a che fare con lingue e culture diverse, sia che si tratti di mondi che incrociano sponde apparentemente lontane come etica e politica, utopia e concretezza.

Langer è stato un uomo del dialogo, che ha saputo credibilmente proporsi quale saltatore di muri e costruttore di ponti, come amava definirsi. Non ci si inventa una simile attitudine, se non si viene riconosciuti capaci di farlo. Si è fatto portatore di una visione di “futuro amico”, di riconciliazione con la natura e di una prospettiva di pace tra gli uomini, tutto ciò calato dentro un impegno quotidiano profuso senza risparmio di energie per costruire le basi per una conversione ecologica, termine a lui caro, che impegnasse ognuno di noi, singolarmente, a essere protagonista di un cambiamento di fronte a modelli di sviluppo non più sostenibili per l’uomo e l’ambiente. La sua riflessione su questi temi è oggi termine di confronto sia rispetto all’allarme ambientale sia alle nuove sensibilità emergenti, ai molti giovani che vedono ipotecato il loro futuro e chiedono ai grandi della terra una svolta a favore della salvaguardia del pianeta. Dentro a un mondo attraversato da imponenti flussi migratori, altrettanto attuale resta la sfida della convivenza e dell’integrazione di cui Langer è stato interprete e “facitore”, una lezione buona per noi che nel frattempo siamo diventati tutti uomini di confine.

Giorgio Mezzalira

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