Alexander Langer Alexander Langer Racconti e ricordi

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Franco Lorenzoni: L'educazione ambientale dopo Alexander Langer

1.11.2005, Lo Straniero 65
Sono passati dieci anni dalla morte di Alexander Langer e il nodo cruciale dell'educazione ambientale per me continua a condensarsi in questa sua domanda irrisolta: "Come puo' risultare desiderabile una civilta' ecologicamente sostenibile?".

Credo non sia un caso che Alex parli di "civilta' ecologicamente sostenibile". Si parla molto di confronto o di
scontro tra civilta', meno di quanto e di come le civilta' si evolvano. Cosa aiuta a costruire o a trasformare una civilta'? A partire da quali frammenti possiamo partire per una impresa cosi' complessa?
*
Costruttori di ponti
C'e' un grande bisogno di "costruttori di ponti". Fare analisi corrette e
avere buone ragioni non serve molto, se non riusciamo a stabilire
collegamenti con coloro che non sono "persuasi". Essere "persuasi" (secondo
l'espressione del nonviolento e obiettore civile Capitini) vuol dire
testimoniare con il proprio corpo e i propri comportamenti prima che con le
parole. La coerenza sta alla base di ogni pratica ecologica. Da anni lo
diciamo. Ma e' poi davvero cosi'? Quanto autenticamente, nel metodo e nel
comportamento, testimoniamo cio' che auspichiamo e che tentiamo di andar
insegnando?
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Retorica
Riguardo all'ambiente abbiamo stravinto. Nessuno si oppone, tutti ne
parlano. E' la retorica corrente in ogni luogo, dalla politica alla scuola
alla tv. Ma viviamo in Italia, paese cattolico e mediterraneo, culturalmente
impermeabile a ogni etica della responsabilita' individuale. Siamo tutti
figli delle "case delle liberta'", dove si defeca sul divano, si rompono per
gioco i vetri e si edifica ogni sorta di costruzione abusiva. Se vogliamo
elaborare un progetto non dimentichiamo mai il contesto culturale in cui ci
muoviamo. Nel nostro paese nulla e' mai acquisito, nemmeno un parco
protetto. Ogni cosa va riconquistata ogni volta, forse anche dentro di noi.
*
Dopo l'11 settembre
Sono tra quelli che pensano che l'11 settembre abbia davvero cambiato il
mondo. Lo pensavo anche prima, ma ora mi pare davvero indispensabile pensare
l'educazione ambientale come elemento dell'educazione all'intercultura,
dell'educazione al nord e al sud, all'est e all'ovest, come educazione
all'equilibro impossibile... Troviamo nomi adeguati ma resta la sostanza.
Qualsiasi difesa dell'ambiente e' impossibile senza pensare ai suoi abitanti
umani e a cio' che pensano, che patiscono, che provocano.
*
Educare alla vulnerabilita'
Dobbiamo essere maggiormente vulnerabili. Accettare di essere feriti da cio'
che accade nel mondo e accettare anche di non capire molto di cio' che
accade. Tutte le corazze che ci costruiamo, talvolta necessarie, ci accecano
sempre un po'.
*
La creativita' individuale
Scavando un poco mi accorgo sempre piu' che la creativita' nasce in ciascuno
di noi da proprie ferite, da esperienze difficili, da vuoti, da scarti. Da
piccole o grandi sofferenze interne e da insofferenze che proviamo verso il
mondo. Che tutto cio' generi creativita' e desiderio di trasformazione e non
avvilimento deriva da tante circostanze, molte delle quali misteriose. Dai
contesti in cui ci troviamo, da coloro che incontriamo, dalla fortuna. Mi
piacerebbe, in un percorso di formazione per operatori ambientali, ricercare
sui contesti, sugli ambienti che ci rendono creativi, cioe' vicini a noi
stessi.
*
Insegnanti e operatori
Per anni ho sognato che l'educazione ambientale, proponendo incontri e
condivisioni di percorsi tra insegnanti e operatori ambientali, avrebbe
potuto costituire un terreno di scambio capace di mettere un po' in crisi
gli uni e gli altri. Non e' accaduto, se non in ridottissima misura. Ci si
usa reciprocamente, poi, subito ciascuno di corsa a casa propria. Raramente
ci si ruba qualche suggerimento, senza farsene accorgere. Perche'?
*
Portatori di speranza?
Ogni educatore ambientale deve essere, necessariamente, un "portatore di
speranza". Talvolta e' difficile, talvolta impossibile. Dove si pesca la
speranza? La si puo' tenere in vita proteggendola dalle intemperie? Alex
Langer ci ha lasciato parole angosciose sulla fatica di reggere a lungo le
aspettative che gli altri affidano ai portatori di speranza.
*
L'handicap assente
L'educazione ambientale ha incrociato assai di rado la questione
dell'handicap. E' un peccato. Per chi pone tanta attenzione alle
biodiversita' sarebbe di grande interesse ascoltare e osservare come la
comunita' umana cerca di proteggere le sue diversita'. Ci si accorgerebbe,
ad esempio, che si coinvolgono molto nel creare un ambiente capace di
accogliere e proteggere le difficolta' di chi nasce diverso, soprattutto
genitori, parenti e, talvolta, coloro che hanno un incontro diretto con i
disabili. Le istituzioni seguono a fatica, se non nel caso di alcune leggi
lungimiranti, la cui applicazione chiede sforzo e fatica. Proteggere le
diversita' dei disabili comporta una opzione etica, culturale, che in
qualche modo si oppone e cerca di mitigare i danni della natura. Nel caso
della protezione delle biodiversita' vegetali o animali, noi umani
"aiutiamo" la natura aggredita dall'uomo a tornare a essere se stessa. Nel
caso in cui sosteniamo la "vita diversa" di alcuni esseri umani noi lottiamo
"contro" la natura, che li vorrebbe persi. Sarebbe interessante ragionarci
su.
*
Una variante dell'educazione stradale
La Moratti ha affiancato nei nuovi programmi l'educazione ambientale
all'educazione stradale. Facendolo, ha compiuto un atto di riparazione
storica riguardo ai tanti allarmi suscitati dai conflitti di interesse
berlusconiani. Il piu' vasto conflitto di interessi in Italia, infatti, e'
molto piu' antico e ha letteralmente ammorbato il nostro paese fin dal
dopoguerra. E' costituito dalla straordinaria penetrazione politica e
culturale avuta da sempre dalla famiglia Agnelli e dalla Fiat. Scelte
decisive riguardo a strade, autostrade, ferrovie e trasporti, che hanno
condizionato e condizionano irreparabilmente il nostro paese e le nostre
citta', dipendono dal ruolo che ha l'automobile nell'immaginario collettivo
italiano.
*
Sottrazione
Tra le quattro operazioni mi piacerebbe che l'educazione ambientale
scegliesse sempre di essere amica della sottrazione. Meno rumore attorno
alle cose, meno parole, meno oggetti, meno pretese, meno intrusioni, meno
possessi, forse anche meno ambizioni (difficile questo, per noi
ambiziosissimi "trasformatori del mondo").
*
Luoghi creativi e trasmissione delle conoscenze
Ci sono coloro che hanno fortemente voluto o inventato o costruito nuovi
luoghi educativi. Possono essere oasi, centri di educazione ambientale,
case-laboratorio, fiere, riviste, associazioni culturali che difendono il
territorio... Passano gli anni, scorre sullo sfondo la grande storia. In
tutt'altra epoca alcuni giovani si trovano a lavorare in quelle strutture.
Il loro lavoro e' precario, spesso mal pagato. Ospiti di una struttura non
loro, abitanti di un luogo costruito da altri, come si sentono? E,
viceversa, come vengono percepiti da coloro che all'impresa hanno
partecipato fin dall'inizio? Talvolta nascono difficolta', qualche volta
conflitti. Cosa resta della vocazione originaria? Come si concilia quella
vocazione con la precarieta' dell'occupazione e il bisogno di garanzia di un
salario? Quali condizioni ci sono per una trasmissioni dei saperi legati ai
luoghi tra diverse generazioni di operatori? E infine, saranno state poi
davvero "profetiche" le intuizioni dei tanti "piccoli fondatori" di cui e'
costellata l'educazione ambientale nel territorio, perche' valga la pena che
durino nel tempo?
*
Precauzione
Il principio di precauzione e' frutto di una grande battaglia ambientalista.
Prevede che, nel caso di un esito incerto, si esiti o, piu' coraggiosamente,
si rinunci. Mi sembra un ottimo principio. Ad applicarlo alla lettera,
pero', forse dovremmo chiudere un gran numero di scuole e universita' del
nostro paese.
*
Immagini
Chiunque lavori per delle istituzioni sa che, se realizza un progetto,
dovra' dare spazio adeguato (e tempo e soldi) all'immagine. Anche nelle
piccole istituzioni, anche nelle scuole, ormai non si puo' fare nulla senza
curare l'immagine. Il problema e' che l'immagine non solo e' spesso lontana
dalla cosa, ma spesso la snatura e la tradisce. Senza andare lontano, basta
leggere un "piano dell'offerta formativa" di una scuola e poi verificare
come in quella scuola opera la maggioranza degli insegnanti per
accorgersene.
*
Immaginari
Accolgo a Cenci un gruppo di ragazzi di Bahia. Mi commuove ascoltarli
perche' parlano del teatro come forma di rivolta, di riconoscimento, di
costruzione di coscienza collettiva, di utopia. Non sono tanto le loro
parole a commuovermi, quanto la convinzione con cui credono nel loro
progetto di emancipazione sociale e di costruzione di un nuovo Brasile negli
anni di Lula presidente, a cui lavorano alacremente. La costruzione di un
immaginario collettivo a volte e' uno sfondo capace di moltiplicare le
energie, talvolta e' la vera leva capace di sollevare pesi impossibili.
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Immaginazioni
Nella Palermo del sindaco Orlando come nella Napoli del primo Bassolino si
visse qualcosa di simile. Piu' delle cose fatte, il convergere di tante
buone tensioni e intenzioni sembro' avere la forza di sollevare il mondo.
Cose interessanti se ne fecero (non poi cosi' tante) ma il quadro poi si e'
rapidamente rovesciato. La relazione tra piccole iniziative concrete e
grandi immaginari condivisi sarebbe da discutere a fondo, perche' e' una
strada obbligatoria se si vogliono coltivare speranze di trasformazione dei
comportamenti.
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Il dono della parola
Ascolto Serge Latouche. Da Parigi, dove insieme ad altri ha fondato il
Movimento anti utilitarista di scienze sociali (Mauss), guarda l'Africa ed
elogia lo straordinario ruolo che ha ancora il dono in quel continente. A
partire dal riconoscimento delle straordinarie potenzialita' insite nel
dono, propone di rovesciare l'immaginario economico in cui siamo immersi. Il
discorso e' lucido, coerente, coinvolgente, estremista e molto francese. Al
termine si alza un ragazzo del Senegal e ribatte: non mi convince l'economia
del dono che secondo la tua descrizione funziona cosi' bene nel mio paese,
perche' io sono dovuto emigrare e perche' a me piacerebbe, a Dakar, avere
soldi per comprare le cose che voi qui ritenete indispensabili. Perche' noi
ci dovremmo rinunciare? La domanda e' stringente e mi aspetto un dibattito
accalorato. Latouche, invece, fa finta di non avere udito e risponde ad
altre domande che non intaccano il suo quadro d'insieme.
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Il bello trasgressivo
Con acume e sottovoce un mio amico sostiene che si puo' fare educazione
ambientale in tutti i luoghi, anche conversando in treno. Che l'educazione
ambientale consiste nel sostenere una tesi diversa senza litigare. Per lui,
comunque, l'educazione ambientale parte sempre dal senso della bellezza, che
e' forza trainante di emozioni e sentimenti. La bellezza e' un valore
terribile, scomodo, incommensurabile. Puo' riguardare le grandi armonie o le
cose minime e, quando la si incontra davvero, da' scandalo. Per questo e'
tanto importante. Generalmente l'esteta viene presentato come vizioso o
decadente rammollito, come pigro o schifoso egoista. Eppure il suo amore per
il bello lo rende profondamente trasgressivo e permeabile alla pedagogia del
dolore. Di quel dolore che si prova vedendo il bello distrutto.
*
Se
Se la bellezza e la sostenibilita' coincidono possiamo uscire dal discorso
di rinuncia. Non "dobbiamo" utilizzare meno risorse, ma "vogliamo"
utilizzare meno risorse. Questa affascinante ipotesi, espressa da anni in
molteplici forme da Wolfgang Sachs, si scontra, pero', con alcuni ostacoli
non indifferenti.
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Pubblicita'
La pubblicita' e' il fascismo della nostra epoca. L'affermazione e' di un
grande artista: il regista Jean-Luc Godard. Proviamo a prenderla sul serio,
pensando all'imponente peso coercitivo che esercita nell'orientare sogni e
desideri dei bambini, fin dalla piu' tenera eta', e pensando a quanto riesca
efficacemente ad allontanare la bellezza dalla sostenibilita'. Se bello e'
cio' che acquisto, e piu' acquisto piu' sono circondato dal bello,
inesorabilmente divengo insostenibile (tanto insostenibile che non mi
accorgo neppure di essere insostenibile).
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Quando guardo la natura cosa guardo?
Quando guardo la natura cosa guardo? Esiste uno sguardo non metaforico?
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La durata
Un grande alleato di ogni buona educazione ambientale potrebbe essere il
senso della durata.
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L'ascolto
Da anni coltivo il senso della durata ricercando attorno alla narrazione
orale, che e' un territorio elementarmente umano, capace di far dialogare
donne e uomini delle piu' diverse provenienze. Se devo dire cio' che piu' mi
emoziona nei nostri laboratori di narrazione e' la profondita' e la qualita'
di ascolto reciproco che talvolta si realizza.
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Politica
"Ho imparato che il problema degli altri e' uguale al mio. Sortirne tutti
insieme e' la politica. Sortirne da soli e' l'avarizia" (dalla Lettera a una
professoressa della scuola di Barbiana di don Lorenzo Milani, 1967).
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Politica oggi
La sensazione e' che la politica, nell'occidente opulento, sia sempre piu'
incapace di progettare il futuro, costretta com'e' a seguire la maggioranza.
In questo caso, per chi si rende conto che stiamo sottraendo aria, acqua e
futuro ai nostri figli, non resta che l'educazione. Per noi educatrici ed
educatori quanta responsabilita'! Da soli non possiamo farcela.
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Sacralita' dell'infanzia
Ho cominciato l'anno guardando con i bambini della mia scuola le immagini
della strage di Beslan... Questa strage, come le innumerevoli stragi di
bambini perpetrate da eserciti piu' o meno regolari in molte regioni del
mondo, lontano da ogni riflettore, mostrano che, in troppi casi, non
esistono tabu' in grado di proteggere l'inviolabilita' dell'infanzia. Le
enormi difficolta' nell'applicare l'assai modesto accordo di Kyoto sulle
emissioni dannose nell'atmosfera, cioe' l'incapacita' assoluta di porre dei
limiti al nostro sistema di vita e di consumi, mostra quanto i governi siano
incapaci di qualsiasi progetto di lungo respiro, in grado di proteggere il
pianeta e le generazioni future. E poiche' i governi degli stati
maggiormente inquinanti sono eletti democraticamente, e' l'intera societa'
adulta che mostra le sua incapacita' di tenere presente l'infanzia.
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Prestami ascolto
Iperprotetta e rinchiusa nel grande ghetto del consumo nel nord, vilipesa ed
esposta alle peggiori violazioni nel sud, l'infanzia appare sempre piu'
costretta e confinata in territori angusti. Ripartire con persuasione da
alcuni valori di base, come quello della salvaguardia di cio' che di piu'
fragile vive sul nostro pianeta, e' compito primario dell'educazione
ambientale. Il problema sta nel trovare forme semplici, elementari ed
efficaci per compiere questo cammino. "Prestami ascolto" e' la prima domanda
che rivolge ciascuno di noi al mondo, nascendo. Solo imparando a prestare
ascolto ci possiamo riconnettere a quel bisogno primario inestinguibile.
pro dialog