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Gianfranco Benincasa: intervista a Fabio Levi

27.3.2007, Alto Adige 27.3.2007
Si torna a parlare di Alexander Langer. Arriva sugli scaffali delle librerie italiane un volume di Fabio Levi intitolato In viaggio con Alex. La vita, gli incontri e le imprese di Alexander Langer 1946-1995.
Il libro di Levi, che insegna storia contemporanea all’università di Torino, ripercorrere l’esperienza di Alexander Langer e consente di seguire un itinerario di vita, pieno di avventure, attraverso i luoghi cruciali della storia d’Italia e d’Europa dagli anni Trenta del’900 fino alla fine del secolo. Con questo lavoro Levi esamina e ricostruisce la vita di Langer, i suoi slanci verso i più deboli, le sue battaglie, la sua capacità di far giocare nell’azione politica, come nei rapporti quotidiani, la ricchezza derivante dalla posizione di confine fra la cultura italiana e quella tedesca.
Seguendo “il viaggiatore leggero”, com’ è stato definito in modo appropriato Alex Langer, si ha la possibilità di compiere un viaggio vorticoso in compagnia di un personaggio straordinario, spinto ogni volta dalla propria sensibilità e intelligenza a trovarsi là dove le crisi scoppiavano più acute. Un personaggio mosso da una inesauribile curiosità per gli altri, tale da porlo al centro di una fittissima rete di relazioni, cercate e coltivate con cura prima nell’ambito del mondo cattolico e poi nella sinistra rivoluzionaria, fra i verdi, al Parlamento europeo o nell’inferno di violenza e vendette etniche del conflitto in ex-Jugoslavia. Un poliglotta dalla personalità versatile e dalla grande intelligenza politica. Questo viaggio Levi lo ha intrapreso con l’affetto di chi ha condiviso almeno in parte alcune delle esperienze più significative della sua stessa generazione, ma anche cercando di mantenere il distacco indispensabile a chi si propone di raccontare una vita ad altri, con lo scopo di suscitare, oltre all’interesse, anche e soprattutto una libera riflessione critica. L’abbiamo intervistato.

Perché un libro proprio su Langer? Che cosa l’ha spinta?
Mi ha colpito un giorno l’osservazione di uno dei miei studenti all’Università, cui avevo raccontato a lezione della vita di Alex Langer. Com’è possibile che di un personaggio così straordinario si sappia tanto poco?
In realtà sono in moltissimi ad averlo conosciuto e apprezzato nei trent’anni e più della sua ininterrotta attività politica. Sono anche uscite molte raccolte dei suoi scritti. Mancava però un lavoro d’insieme che aiutasse a valutare appieno il senso e l’importanza del suo itinerario di vita e soprattutto che avvicinasse ai più giovani una figura originale e affascinante come la sua. Ed è quello che ho cercato di fare.

Pensando al titolo quali sono gli incontri e le imprese di Alexander Langer che più l’hanno affascinata?
Forse la cosa che mi ha colpito di più è stata la capacità di Langer di misurarsi con situazioni diversissime ma rimanendo sempre se stesso e adeguando ogni volta le sue idee e la sua azione politica ai fortissimi cambiamenti che hanno interessato il mondo intorno a lui; senza aver paura di criticare le proprie posizioni precedenti. I suoi incontri e le sue avventure sono stati innumerevoli: quello che li rende affascinanti ai nostri occhi è appunto lo slancio, l’intelligenza e la concretezza con cui li ha saputi affrontare.

Nella breve presentazione Feltrinelli al libro si è puntato ad evidenziare la sensibilità e l’intelligenza di Langer ma soprattutto la sua capacità di trovarsi là dove le crisi scoppiavano più acute. Sensibilità dovuta a che cosa secondo il suo parere? Per la sua esperienza maturata sul confine e in una zona d’incontro e scontro di culture e popoli come l’Alto Adige? Per il suo acume politico? Per caso o fortuna? Per che cosa? Come si può essere esperti in aree di crisi?
Credo che possano valere tutte le risposte che lei ha dato. Il compito di chi ricostruisce la storia è semmai quello di capire che cosa ha contato di più ogni volta, e perchè si è scelta una strada piuttosto che un’altra.
Nel caso ad esempio della sua capacità di essere protagonista delle svolte più importanti della vicenda sudtirolese come, fra l’altro, il censimento etnico del 1981 pesarono molto la storia dei suoi genitori, la sua esperienza giovanile fra Vipiteno e Bolzano, la sua incrollabile determinazione a perseguire la strada della convivenza e il coraggio di chi sapeva rischiare anche situazioni di grave isolamento pur di indicare con chiarezza una direzione di marcia giudicata come la più giusta.

Langer come giustamente sottolineato è stato uno dei promotori del movimento verde in Italia. Oggi il sole che ride sembra soffrire di una crisi d’identità. Da una parte è forza di governo dall’altra di opposizione e questo, a ben vedere, non sempre fa bene agli ecologisti. Mancano poi figure chiave nel movimento in grado di rilanciarne l’azione che, oggettivamente, sembra essersi un pochino esaurita. Che ne pensa? Servirebbe oggi Alexander Langer a questo paese? Se sì, come?
Langer saprebbe senz’altro offrire un contributo molto utile all’Italia e - forse ancor più - all’Europa di oggi. Dico dell’Europa anche perché, dopo essere stato uno dei primi a promuovere le idee Verdi nel nostro paese, Alex Langer ha progressivamente maturato un certo distacco dalla pratica politica - direi meglio partitica - delle formazioni ecologiste che non sentiva fino in fondo sua. Tutto questo si è accompagnato a un impegno sempre più coinvolgente nei grandi problemi che hanno investito l’intero continente dopo la caduta del muro di Berlino.

Langer è stato sempre contro la guerra e le guerre e si è schierato duramente contro quella nella ex Jugoslavia. Da poco la Corte Internazionale di giustizia dell’Aia ha deliberato che la strage di Srebrenica (11mila persone massacrate, anziani, donne, bambini, una delle peggiori atrocità dopo quelle del secondo conflitto mondiale) fu genocidio ma anche detto che Belgrado e quindi lo Stato serbo in quanto tale non può essere ritenuto responsabile di quanto successo. Secondo Lei Langer come avrebbe accettato questa decisione?
Non penso sia giusto attribuire a Langer giudizi che non può più dare. Anche se siamo tutti tentati di fare una cosa del genere, soprattutto se consideriamo l’originalità delle sue posizioni nel corso del conflitto in ex Jugoslavia: il suo sforzo, malgrado tutto, per tessere legami fra esponenti dei diversi popoli in guerra, la sofferenza con cui ritenne alla fine di dover chiedere un intervento limitato ma armato da parte delle potenze europee per porre un argine alle aggressioni e alle stragi. D’altra parte non è casuale la stretta vicinanza temporale fra la morte di Langer e la strage avvenuta a Srebrenica solo qualche giorno dopo. E come se quei due avvenimenti fossero accomunati dall’ombra paurosa che dominava l’intera Europa nel punto più terribile della crisi balcanica. A Langer la notizia della strage di Srebrenica è stata risparmiata, anche se egli era perfettamente consapevole delle dinamiche che ne sono poi state all’origine, comprese le responsabilità dello Stato e delle milizie serbe e la colpevole indifferenza degli altri paesi europei.

Quanto manca l’uomo e il politico Langer a questo paese dove la politica sembra davvero aver perso la bussola?
E sin troppo banale dire che manca molto. Lo è forse un po’ meno aggiungere che non manca
pro dialog