Caro Fabio, permettimi alcune note un po' critiche...
Provo a elencare le mie perplessità.
1) Io non userei mai il termine cetnici, come non userei ustasa, se non in relazione al contesto storico in cui questi nomi erano quelli di ben individuate formazioni militari. Usarlo come facevano in guerra, negli anni Novanta, serbi e croati genera confusione, alimenta stereotipi. Siccome non è impossibile dire che serbi erano quelli che sterminavano i musulmani a Srebrenica, io parlerei di esercito serbo bosniaco e di corpi speciali della Serbia di Milosevic. Serve a fare chiarezza e a contrastare le recenti ambiguità della giustizia internazionale.
2) Condivido il disagio che nasce dal pensare che Srebrenica sia nella Srpska. Basta guardare la carta geografica per capire che il problema non è di facile soluzione in una situazione come quella. Anche molti musulmani ( Dizdarevic, il mio amico Hamica Nametek) ritengono che la richiesta di uno statuto speciale ( ma cosa vuol dire esattamente?) porterebbe a una rimessa in discussione delle frontiere e a una riapertura di rivendicazioni reciproche che andrebbero ben oltre Srebrenica. Le forze nazionaliste non aspettano altro. Una soluzione come quella trovata, ad esempio, per il distretto di Brcko ha funzionato, almeno credo, dentro al ‘pacchetto’ che nel ’95 si è chiuso, ma adesso sarebbe pensabile? E’ vero che la nuova legge elettorale mette a rischio la rappresentanza dei cittadini musulmani, ma, provo a fare un'ipotesi che mi rendo conto è un po' astratta, perché quelli di Srebrenica che si sono trasferiti a Tuzla o in città e villaggi vicini non chiedono di nuovo la residenza? Certo, richiede coraggio e implica, tra l'altro, la rinuncia a certe piccole tutele anche economiche ma mi pare meno pericoloso che aprire una controversia adesso su Dayton. Sono certa che volerebbe da lì all’Erzegovina ( col Kosovo già in fibrillazione) e non sempre questo darebbe garanzie di rispetto dei diritti umani e dei diritti civili. Trovo questa cosa molto seria, pericolosa, preoccupante. Lì non se ne è di fatto discusso, qualcuno l’ha buttata lì, qualcun altro ha detto sì, però, se si parla di Srebrenica, occorre parlare di tutta la regione, Bratunac compresa;ne so poco, ma mi pare che siano cose su cui ragionare con molta pacatezza.
3) Tu e i serbi. Mi pare che nella tua relazione rimuova elementi problematizzanti che rendono più interessante e ricca la discussione, se sono visti. Di uno sono certa.
-Alma nel suo racconto ha fatto capire che ha avuto il coraggio di andare a vedere la sua vecchia casa solo perché si sentiva protetta dalle relazioni che la cooperativa Insieme le garantiva. Infatti ha insistito nel dire che in quel faticoso ritorno l’accompagnava la sua amica Cana, che è serba. Non dirlo non solo toglie valore alle esperienze di ripresa economica condivisa, ma impedisce anche di capire che i musulmani a Bratunac hanno paura, o l’avevano fino a poco tempo fa. I nazionalisti serbi ritengono, forzando alcuni dati di realtà, Bratunac una sorta città-martire non riconosciuta, soprattutto per le uccisioni di civili nei sobborghi di Zalasje e Sase. Insomma, la realzione fra le due donne, come ha sottolineato Alma, è stata la chiave di volta per darle la forza di riprendersi ciò che era stato suo.
Sull’altro caso potrei sbagliare io, ma non credo:
- Mladen ha raccontato che suo padre è stato ucciso a Srebrenica dai musulmani anche se lui in loro non vedeva un nemico e aveva voluto restare nella sua città. Per questo, mi pare, la sua testimonianza è stata tanto difficile e applaudita. Prova a verificare meglio. Non è un particolare secondario.
Maria