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Sussidi a produzioni militari

16.11.2005, Consiglio Prov. verbale di seduta del 12.6.1985
Penso che in questa mozione ci sia una certa semplificazione, perché non sono indicate per filo e per segno, per esteso, tutte le vie attraverso le quali raggiungere i risultati che la mozione si prefigge. D'altra parte mi sembra che sia inutile nascondersi dietro un dito. Era praticamente impossibile esprimerlo, dirlo. E quindi la mozione va presa per quella che è, cioè un’indicazione di direzione, un'indicazione di volontà, anche se necessariamente un po' generica.
Vorrei fare un esempio: nella nostra legislazione è punito il favoreggiamento della prostituzione e così si può arrivare a perseguire il gestore dell'albergo a ore che affitta alla prostituta e al cliente. Non credo però che si possa arrivare a punire chi ha costruito l'albergo che poi in seguito viene utilizzato.
Bisogna avere un minimo di senso logico, di ragionevolezza. E quindi capire che si può anche andare contro delle attività di produzione e di ricerca scientifica che hanno una connessione con la guerra e con l'aggressione tra i popoli.
Adeguandomi un po' a questa inevitabile semplificazione, direi che noi, come ente pubblico, diamo dei soldi ad Agnelli affinché guadagni di più costruendo carri armati, e poi diamo aiuti al terzo mondo. Contemporaneamente Agnelli vende i suoi carri armati al terzo mondo, per cui corriamo il rischio di pagarglieli una seconda volta.
Vi è un ulteriore elemento che ci deve dare da pensare: che queste guerre non producono solo stragi, ma anche disastri ecologici come quelli del Mar Rosso.
Certamente quanto ho esposto è il massimo della semplificazione, però necessaria anche per opporsi a un altro discorso che si è sentito in quest'aula: se le armi non le produciamo noi, le produrrà necessariamente qualcun altro, in qualche altra parte del mondo, magari dove noi non abbiamo alcuna possibilità di controllo e di conoscenza. Quindi tanto vale. Si rinvia così l'opposizione alla fabbricazione delle armi, al momento in cui si riuscirà ad avere il controllo di tutto il mercato e la produzione mondiale, per decidere contemporaneamente, tutti insieme, di non produrle più. Si rinvia così il problema a un momento che non verrà mai. Quindi, anche in questo caso, credo che una certa semplificazione sia necessaria e sia necessario dire: cominciamo noi qui oggi, per quello che possiamo, a opporci a questa tendenza, a opporci alla fabbricazione e al commercio delle armi.
Un altro discorso che però va fatto è quello della responsabilità. Penso che nessuno possa effettivamente chiamarsi fuori da questa responsabilità. Non ritengo che vi sia una differenza sostanziale fra l'operaio che lavora all'Iveco e l'impiegato della banca che crede di non aver niente a che fare, nella sua convinzione soggettiva, con la fabbricazione delle armi.
Ecco perché, pur nella sua maniera estremamente semplificata, ritengo che vada approvata questa parte della mozione, perché anche se non realizzabile e concreta significa che noi tutti qua dentro, e in tutta la città e la provincia, dobbiamo farci carico della volontà di eliminare quei posti di lavoro che sono direttamente e strettamente connessi con la fabbricazione delle armi e a chi da queste produzione ricava il pane quotidiano offrire altre opportunità e la possibilità di altre scelte.

(intervento sulla mozione del consigliere Meraner, concernente l'impiego di denaro pubblico per la fabbricazione di materiale bellico - verbale della seduta del 12.6.1985)


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