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Minoranze e stato-nazione

4.12.1991
"Nella mia qualità di Presidente dell'"Intergruppo Lingue e Culture minoritarie" al Parlamento Europeo, mi permetto di richiamare la vostra attenzione su due testi legislativi - entrambi non ancora vincolanti - che la Camera dei Deputati in Italia ed il Parlamento europeo hanno approvato a pochi giorni di distanza nella seconda metà del novembre 1991. Si tratta della proposta di legge nr.612 recante "Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche", varata dai deputati italiani, e della "risoluzione sulla cittadinanza sull'Unione europea" (nr.A-3/0300/91), adottata dal Parlamento europeo, il cui punto 3 contiene un esplicito impegno espresso dal P.E. nei confronti del Consiglio europeo di Maastricht e della conferenza intergovernativa, perchè i diritti delle minoranze etno-linguistiche entrino a far parte dei diritti fondamentali dei cittadini della futura Unione Europea.

L'approvazione del disegno di legge italiano, da lungo tempo giacente all'esame delle Camere (il suo "iter" era iniziato ai tempi del compianto Loris Fortuna) e che ora deve passare ancora al vaglio del Senato dove rischia concretamente di non farcela più in questa legislatura, ha suscitato molta soddisfazione nell'opinione pubblica sensibile ai temi delle comunità etniche e linguistiche minoritarie, ed anche in seno all'Intergruppo del Parlamento Europeo che ho l'onore di presiedere. Ma essa ha suscitato anche una reazione, imprevista ed imprevedibile, da parte di alcuni noti e giustamente apprezzati intellettuali della sinistra italiana che vi hanno letto un attentato all'unità linguistica e culturale, forse anche nazionale della Repubblica italiana, ed hanno invitato le forze della sinistra a non far arrivare questo disegno di legge in porto. La nuova legge dovrebbe riconoscere alcuni diritti linguistici e culturali (soprattutto nella scuola, nell'amministrazione locale e nei mass-media) alle "popolazioni di origine albanese, catalana, germanica, greca, slava e zingara e di quelle parlanti il ladino, il francese, il franco-provenzale e l'occitano"", nonchè alle "popolazioni friulane e sarde".

Per una inaspettata coincidenza temporale nello stesso giorno, in cui in Italia si é levata qualche (autorevole) voce di critica al disegno di legge approvato da uno dei due rami del Parlamento italiano, il Parlamento europeo inseriva - nella sua seduta plenaria del 21.11.1991 - nel progetto sulla "Cittadinanza dell'Unione Europea" il seguente passaggio (punto 3 della "risoluzione Bindi", doc.A3/0300/91):

"Il Parlamento europeo raccomanda di inserire nel nuovo Trattato del Unione (...) le seguenti norme:

L'Unione ed i suoi Stati membri, consapevoli che la ricchezza del patrimonio culturale europeo è costituita essenzialmente dalla sua multiformità, riconoscono l'esistenza sul loro territorio di gruppi etnici e/o linguistici minoritari. Prendono le misure necessarie alla preservazione ed al libero sviluppo della loro identità linguistica e culturale.

L'Unione ed i suoi Stati membri riconoscono a tali gruppi il diritto all'auto-organizzazione democratica. Per favorire l'espressione dell'identità delle comunità etno-linguistiche minoritarie storicamente presenti sul territorio degli Stati membri e la buona convivenza nelle regioni interessate, la Comunità ed i suoi Stati membri assicurano garanzie speciali per realizzare la sostanziale uguaglianza dei cittadini ed adottano particolari forme di tutela e promozione delle lingue minoritarie, di autogoverno locale, territoriale o di gruppo, di cooperazione interregionale anche transfrontaliera."

Penso che con questi due provvedimenti, tra i quali non c'è di per sè alcun nesso formale, si siano stabiliti alcuni importanti nuovi criteri e si sia migliorato sensibilmente lo standard dei diritti culturali e linguistici delle minoranze.

In una fase in cui in tutta l'Europa, ed in particolare nell'Europa dell'Est, stanno scoppiando e si stanno moltiplicando conflitti di natura etnica e si diffondono razzismo e xenofobia, è di grande rilievo la scelta di quei parlamenti che rinunciano spontaneamente - e senza attendere rivolte o contestazioni - alla finzione dell'omogeneità nazionale, linguistica, culturale (e magari religiosa) degli stati e si preparano piuttosto a riconoscere nuovi diritti alle comunità minoritarie di lingue diverse da quelle dominanti. Il trasferimento di sovranità sinora "nazionali" a livelli sovranazionali e comunitari completa ed arricchisce questo quadro.

Occorrono oggi grande attenzione ed impegno perchè l'Europa non si lasci affascinare da quel "diritto del sangue" che qua e là viene di nuovo rivendicato, come potesse essere una valida alternativa ad un'Europa senza volto del mercato, del consumismo, dell'omologazione.

La condizione in cui verranno poste le minoranze etniche, linguistiche, nazionali e - talvolta - religiose è una specie di cartine di tornasole per la salute della democrazia e della convivenza."

Intervento alle "Giornate biennali di studio in onore di Lelio Basso;
Roma, 4-7 dicembre 1991"


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