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Anna Bravo: La storia dell’altro

30.9.2004, L’Indice del Manifesto 2004
Peace Research Institute in the Middle East, La storia dell'altro. Israeliani e palestinesi, Una citta', Forli' 2003, presentazione di Walter Veltroni, prefazione di Pierre Vidal-Naquet, pp.140 (a cura di B. Bertoncin e A. N. Salah).

Uno dei lasciti piu' nefasti del secolo scorso e' la scoperta che il migliore investimento per la prima linea, comunque intesa, sono i giovanissimi. Con il risultato, fra gli altri, che le pressioni sulla scuola sono straordinariamente cresciute. Anche in tempo di pace i libri di testo sollevano querelles; dove c'e' guerra, spesso non fanno che rifletterne la logica: mitologie etno-nazionaliste, vittimizzazione della propria parte, silenzio sulle ragioni della parte avversa, inchiodata all'immagine del nemico assoluto. E' stato cosi' nella seconda guerra mondiale, e ai giorni nostri nei Balcani; e' cosi' in Medio Oriente.
Questa Storia dell'altro, breve manuale di storia israelo-palestinese, e' il primo e finora l'unico tentativo in controtendenza, nato all'interno del Peace Research Institute in the Middel East, una ong creata da docenti israeliani e palestinesi per contribuire alla coesistenza attraverso ricerche comuni - ad esempio sul danno ambientale prodotto dall'uso di mezzi pesanti, armi, esplosivi.
La prima singolarita' del libro sta nel retroterra che lo ha reso possibile, una serie di incontri fra insegnanti e studenti dei due popoli, iniziati nel 2000 e dedicati prima alla conoscenza reciproca e al confronto delle rispettive visioni, poi alla stesura del testo. Altrettanto singolare la struttura, che presenta tre snodi storici delicatissimi - la Dichiarazione Balfour, gli eventi del '47-'48, l'Intifada - nelle versioni palestinese e israeliana, affiancate anche visivamente, la prima, scritta in arabo, sulle pagine destre, la seconda, in ebraico, sulle sinistre: si puo' evitare di leggere l'una o l'altra, non si puo' non vederla. Al centro, uno spazio bianco dove gli studenti possono scrivere le loro riflessioni. Alla fine di ogni capitolo un glossario elenca personaggi, luoghi, definizioni. Svariate le fonti, storiografiche, letterarie, di cultura popolare, di memoria. Destinato a ragazzi di 14-15 anni, discusso in bozza da 700 studenti e adottato in alcune scuole, La storia dell'altro e' un manuale anomalo, che per sfuggire ai controlli ministeriali non si presenta neppure come tale.
Un libro utopico e moderato, che non pretende di creare un racconto unico in cui includere le due narrazioni, ne' di sostituirsi in toto agli altri manuali, ma che si da' il compito rivoluzionario di far riconoscere l'esperienza dell'altro come storia possibile, vissuta da soggetti immersi a loro volta nella sofferenza e nella paura. Impresa disperatamente
difficile in Medio Oriente, dove gli eroi dell'uno sono i mostri dell'altro e ci si e'
talmente abituati a fondare le identita' sulla contrappozione reciproca, che ogni iniziativa di apertura innesca il sospetto del tradimento. Impresa anche materialmente rischiosa: gli insegnanti hanno continuato a incontrarsi in regime di coprifuoco e di drastica restrizione dei visti, fra attentati kamikaze e bombardamenti di case e villaggi.
Il risultato e' un libro imperfetto e prezioso. Piccole sciatterie si devono forse alla traduzione - Theodor Herzl compare come Benjamin Zeev Herzl, il nome che aveva assunto in Israele, e nessuna nota dell'editore lo chiarisce. Ci sono disomogeneita' strutturali, dal sistema di note alle bibliografie al diverso peso assegnato agli avvenimenti - la guerra dei sei giorni occupa varie pagine nella versione israeliana, poche righe nella versione palestinese.
A volte si direbbe che le citazioni letterarie siano un modo per sorvolare su punti troppo amari per l'autoimmagine di un popolo.
Non e' un manuale diligente e esauriente, questo libretto per la cui pubblicazione in Italia si deve essere grati all'ottima rivista "Una citta'"; ma e' di piu', e' uno sforzo creativo per "disarmare la storia" grazie alla strategia della fiducia e della negoziazione del conflitto -
lo hanno ripetuto i due docenti universitari animatori del lavoro, l'israeliano Dan Bar-on e il palestinese Sami Adwan.
Alcuni effetti sono evidenti, come la concordanza di giudizi negativi sul ruolo degli stati arabi e sulla militarizzazione della prima Intifada, o il riconoscimento da parte palestinese delle persecuzioni antiebraiche, da parte israeliana dei costi dell'espulsione del '48. Ma anche vuoti e incongruenze lasciano intuire molto, dalla strenua opera di mediazione che e' stata necessaria, alla fatica di raccontare il dolore senza far esplodere il senso di colpa dell'altro, di ascoltare il suo dolore senza contrapporgli il proprio.
Durante i colloqui di Ginevra per un piano di pace alternativo, molti dei partecipanti lamentavano la difficolta' di trovare un linguaggio per comunicare fra loro, e per trasmettere i risultati ai due popoli. Frutto di un lavoro che a qualcuno puo' sembrare da formica, La storia dell'altro ci ha provato.

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