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Sandro Ottoni: “Diario di una giurata popolare al processo delle Brigate Rosse” - presentazione

17.9.2009, Bz1999
Il “Diario di una giurata popolare al processo delle Brigate Rosse” di Adelaide Aglietta è un libro meritatamente famoso. Anzitutto un libro che racconta di una primavera furibonda, quella del 1978, quando lo scontro armato tra istituzioni e terrorismo, tra il regime politico dell’epoca e l’organizzazione eversiva Brigate Rosse, raggiunse l’acme con il rapimento di Aldo Moro. Il primo processo alle Brigate Rosse, ai suoi capi storici imputati di “costituzione di banda armata” (nessuno di loro ancora di omicidio), si svolse contemporaneamente in Corte d’Assise, nella caserma “Lamarmora” a Torino. La città era terrorizzata e presidiata militarmente. Nei mesi precedenti, nelle prime fasi del processo, le Brigate rosse avevano ucciso il presidente dell’ordine degli avvocati di Torino, Fulvio Croce, reo di aver accettato di istituire un collegio di difesa d’ufficio contro la volontà degli imputati, e Carlo Casalegno, vice direttore della stampa. Questo era il “clima”.

Adelaide Aglietta, torinese, all’epoca segretaria del Partito radicale, fu sorteggiata come giudice popolare dopo che oltre un centinaio di concittadini avevano rifiutato la designazione con vari pretesti. "Ma fra il riconoscere il proprio dovere e il compierlo - scrive Adriano Sofri nella sua premessa al Diario - c'è ancora un buon tratto. C'è la paura per sé e la decisione di vincerla. C'è l'angoscia per la propria famiglia, per le proprie bambine. C'è il proprio ruolo di responsabile di un partito, e di protagonista di battaglie decisive, scelte per convinzione e non imposte da un sorteggio. E c'è la paura di giudicare. Bisogna passare attraverso la tempesta del dubbio."

Aglietta, con il suo linguaggio sobrio e diretto, racconta la sua traversata della tempesta e la sua assunzione del compito, non nasconde le paure che l’attanagliano di fronte alle esplicite minacce alla sua vita. Affronta quindi il processo ed esprime con grande franchezza le impressioni sui vari protagonisti, imputati e giudici, entrando via via nel merito con grande lucidità e riflettendo e rimbalzando la cronaca terribile di quei giorni. Emerge infine la sua insoddisfazione per un processo che si dipana sempre più stancamente mentre l’attualità politica – i referendum contro le leggi speciali anti terrorismo e contro il finanziamento pubblico dei partiti - incalza. Eppure resta ben salda nel suo ruolo di giudice popolare: ancorché supplente e priva del diritto di voto, interviene ogni volta che il suo senso di giustizia glielo impone e riprende i magistrati o gli stessi giurati popolari se le paiono assenteisti. “Questo diario è una delle poche, pochissime, testimonianze, nate da un diretta esperienza, che siano state pubblicate in Italia sull’amministrazione della giustizia”, scrive Leonardo Sciascia nella prefazione al libro.

Certamente, ma è anche la testimonianza di una segretaria di partito (la prima donna in quella carica, in Italia), di una radicale e di una nonviolenta che alla violenza dei terroristi, speculare a quella del regime, ha da opporre la propria specificità e proposta politica. Da subito, dalla prima conferenza stampa in cui annuncia la sua accettazione, Aglietta chiarisce nei suoi termini la posta in gioco. Non si tratta di prendere una posizione tra lo Stato che processa le BR o le BR che processano lo Stato; ciò che è in gioco è l’alternativa a questa opposizione fittizia: è il ripristino della legalità costituzionale e del diritto, anche degli imputati, è la possibilità di espressione democratica della popolazione attraverso i referendum. C’è un altro scenario di violenza che le preme e che più ha subito. Dice: “Nel 1977 abbiamo dovuto condurre decine di digiuni per quasi cento giorni ognuno, per ottenere che alcune distorte e avare notizie raggiungessero l’opinione pubblica. Contemporaneamente nel 1977 è stato sufficiente sparare alle gambe o al cuore di qualcuno perché messaggi politici venissero trasmessi a cinquanta milioni di italiani e per essere sempre più eletti a protagonisti della cronaca politica e antagonisti ufficiali.” … “L’informazione di regime, per sua propria ideologia, è omogenea agli assassinii dei cosiddetti partiti armati.”

Ecco allora sollevata la questione decisiva del controllo dell’informazione, che ritorna carsicamente in tutto il Diario. L’esperienza di quegli anni lontani avrà qualcosa ancora da insegnare alla stretta attualità?

 

Adelaide Aglietta (1940-2000) è stata un' esponente di primo piano dei Radicali, dei Verdi Arcobaleno e della Federazione dei Verdi, nonché parlamentare italiano ed europeo. Ha fatto parte dal 1997 del Comitato Scientifico che ha deciso l'assegnazione del premio internazionale Alexander Langer, di cui è stata amica e con il quale ha costruito e diretto un autorevole gruppo parlamentare verde in Europa dopo le elezioni del 1989. Nel 1978 era venuta a Bolzano, con altri dirigenti radicali, a sostenere la lista di Nuova Sinistra/Neue Linke che aveva portato in Consiglio Provinciale Alexander Langer, assicurando poi sempre un appoggio nel Parlamento italiano alle iniziative del movimento per un Altro Sudtirolo.

 

Sandro Ottoni

 

 

Incontro organizzato da:

Fondazione Alexander Langer, Associazione Bz 1999, Associazione Adelaide Aglietta, Edizioni Lindau

Venerdì 25 settembre, al Vecchio Municipio via Portici 30 ore 20.45

 

Interventi di Marco Boato, Bruno Mellano, Edi Rabini, Gunther Cologna, le figlie dell'autrice Francesca e Alberta Rocca.

 

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