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Ding Zilin: Se mio figlio fosse vivo....

3.6.2005, Amnesty International maggio 1999
Sono otto anni che questo pensiero non mi molla e diventa ancora più insopportabile quando incontro giovani della sua età. Provo sentimenti vuoti, la sensazione di precipitare in un abisso. Se fosse vivo avrebbe 27 anni. Allora ne aveva solo 17. Eppure era già più alto di un metro e ottanta.... Adesso, sarebbe ancora più alto. Quella notte di otto anni fa, quel momento atrocemente sinistro, é uscito da casa, determinato più che mai, stava andando in un luogo pericolosissimo. Non é più tornato.
"Se cadrai prenderemo il tuo posto!" Questo era lo slogan che i ragazzi gridavano per appoggiare gli studenti in sciopero della fame. Era il 17 maggio. Quelle parole le avevano anche scritte con l'inchiostro nero su uno sfondo bianco e colpivano la vista. Lui era nella prima fila, teneva lo striscione dell'Alta scuola dell'Università del Popolo, e dietro di lui i suoi compagni. E poi é caduto, pagando con la sua giovane vita la coerenza ai propri ideali.
Spesso mi chiedo: perché una persona vive, in definitiva?
Se mio figlio fosse vivo... gli darei tutto il mio amore. Farei di tutto per sostenerlo, per farlo andare all'università, farlo laureare, mandarlo all'estero a studiare ancora... così come fanno altre madri della mia generazione.
In ogni caso, é morto portando con sé tutto il mio amore e la mia speranza. Davvero la vita finisce nel nulla?
Io non posso dimenticare però quello che mi disse la sera prima di uscire di casa: "Se tutti i genitori del mondo fossero egoisti come voi, che speranza avrebbe la nostra nazione?"
Invece, quello che noi adulti non osavamo fare, o per cui non volevamo assumerci la responsabilità, era ben saldo sulle spalle di questi ragazzi. Forse é stata solo una passione momentanea, generata dagli ideali. Comunque....
Perché noi adulti non diamo qualcosa per gli ideali? Una amica ha provato a consolarmi una volta dicendo: "Se una persona vive giusto per vivere, la sua vita non ha significato anche se arriva a 70 anni. Anche se tuo figlio ha vissuto solo 17 anni ha vissuto una vita piena di significato." Non sono sicura se la morte di mio figlio abbia avuto un significato, perché i cosiddetti significati possono significare qualcosa solo per chi é rimasto vivo. Un giorno chi é rimasto vivo potrebbe parlare del 4 giugno e fare solo un minimo accenno a quelli che sono morti quel giorno. Ma io continuo a credere che la gente non debba vivere una vita mediocre perché una vita può essere tale solo se ognuno di noi mette in gioco la propria dignità. Conosco mio figlio. Se non fosse morto durante il massacro, se oggi fosse vivo, credo che non smetterebbe di lottare per la libertà. Farebbe il suo dovere immergendosi nella marea crescente della democratizzazione. E poi improvvisamente penso: cosa sarei io se mio figlio fosse ancora vivo? Dopo il disastro del 4 giugno, forse sarei una chioccia impaurita e sarei molto più attenta a proteggere mio figlio, a imbrigliare la sua libertà di pensiero e di azione, con tutto quell'amore istintivo che una madre sa dare, farei di lui un cittadino obbediente. E' molto probabile che questo mio atteggiamento provocherebbe un conflitto tra di noi, perché lui non tollererebbe l'egoismo e la codardia. Ma non mi disprezzerebbe e non romperebbe i rapporti con me, perché lui ama profondamente sua madre. Ma lui proseguirebbe comunque per la sua strada, quella scelta da lui. Insomma io accetterei tutto questo. Spesso si dice che i bambini sono la continuazione della vita dei genitori, ma nella nostra famiglia é l'opposto. Oggi sono io ad essere ancora viva e per di più mi sono risvegliata dall'ignoranza e dall'apatia. Ho riconquistato la mia dignità. Ma questa rinascita é avvenuta a spese della vita di mio figlio. Il mio respiro, la mia voce, tutta me stessa sono la continuazione della vita di mio figlio. E lo saranno per sempre.

(da Amnesty International - maggio 1999)

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