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2.3 - Partito conservatore?
Langer, in effetti, dimostrò fin dalla metà degli anni Ottanta un interesse culturale (e non solo politico) per quelle aree sociali più tradizionali che, in genere, si riconoscono e votano per le forze politiche conservatrici:
Al contrario delle caratteristiche finora assunte dal movimento verde in Europa e negli Stati Uniti [l'aspirazione idealistica ad un futuro in armonia con l'ambiente e che si può raggiungere seguendo la strada della progettualità utopistica verde e i programmi concreti che ne sostanziano l'avvento graduale o repentino. n.d.a.], esistono invece paradossalmente ampie aree geografiche e sociali, nelle quali sono (ancora) diffuse pratiche, modi di vita e idee di valori che potremmo definire "Verdi-ruspanti", o, forse meglio, naturaliter (che poi vuol dire sempre "culturalmente") Verdi.
Basti pensare - seppure sommariamente e senza indugiare a romanticismi o nostalgie - quante manifestazioni di vita personale e comunitaria conservano vitali elementi di un rapporto con la natura e la gente che si potrebbe definire "spontaneamente ecologico": dall'economia di sussistenza alla coltivazione diretta, dall'agricoltura differenziata (non monoculturale) e tante forme ancora esistenti di artigianato, dalla sopravvivenza di forme comunitarie non-statuali e non-istituzionali alla solidarietà vicinale e al muto aiuto, dall'ospitalità alla festa, dalle dimensioni stesse della vita quotidiana (ridotta densità della popolazione, della velocità, dell'accumulazione, delle differenze sociali) al modo di sentire e praticare tradizioni, costumi, idiomi, modi di dire
Insomma: senza assolutamente disconoscere i molti elementi di alterazione violenta ed espansionista che ormai anche nei tessuti sociali più riposti e meno intaccati dalla mercificazione si trovano in abbondanza, e senza nascondersi i molti limiti e le molte contraddizioni insite nelle forme sociali meno moderne, non si può non notare che parecchie di quelle cose che altrove i Verdi (o anche altri) faticano a "riscoprire", in certe aree geografiche o sociali non sono ancora del tutto estirpate e omologate. E una diffusa diffidenza verso il "progresso", che in quelle zone si riscontra, può essere letta anche come difesa contro una modernizzazione alienante imposta dall'alto e dall'esterno; e come affermazione in positivo di peculiarità e identità da salvaguardare e sviluppare.
In genere, in simili regioni d'Europa le forze politiche dominanti sono di orientamento "conservatore", come si usa chiamare la destra moderata, non fascista. E gli strati sociali in cui tali comportamenti e valori sono radicati, tendono a votare in politica per le "forze di conservazione". Non c'è troppo da meravigliarsene e non si potrebbe neanche dare torto a chi opta per la conservazione di qualcosa di prezioso, di valido, di radicato, di peculiare, di equilibrato e di umano. (23)
Ma la destra conservatrice della tradizione europea avrebbe storicamente cercato, secondo Langer, di conservare solo le proprie posizioni di privilegio e di potere a condizione, magari, di qualche progressiva concessione che però non intaccasse alla radice il sistema costituito. (24) Le roccaforti di questa sedicente destra conservatrice dimostrerebbero in realtà come essa, similmente alla sinistra, sia ormai propugnatrice di una politica modernizzatrice fondata sulla cementificazione e sull'industrializzazione, strumentalizzando la tradizione ed i valori più radicati nelle popolazioni solo al fine di mantenere inalterati i rapporti di forza all'interno della società. La "bugia ereditaria" (25) per cui la destra sarebbe conservatrice rimane quindi come vizio originario della politica moderna, avvalorata da un'altra bugia ereditaria che, nella fiducia incondizionata e nel miglioramento inevitabile di tutte le cose, fa della sinistra "progressista" un baluardo dell'anti-conservatorismo. L'incapacità ideologica della sinistra di tutelare e promuovere ciò che la gente ha di più caro avrebbe permesso alla destra di presentarsi quale paladina della tradizione, delle identità peculiari, dei valori tramandati e di gestire senza concorrenza una trasformazione distruttrice dell'ambiente e dei tessuti sociali "rovinando, commercializzando e volgendo in folclore (importante instrumentum regni) tutto ciò che asseriva di voler conservare." (26)
A partire da un ragionamento di questo tipo, un movimento politico come quello dei Verdi, fondato sul principio dell'autolimitazione e sulla convivialità come stile di vita e votato alla conservazione della vita in tutti i suoi molteplici aspetti, ha l'obbligo di farsi strumento di un dialogo sempre più stretto e intenso con tutte quelle realtà che in passato, e ancora oggi, hanno costituito lo zoccolo elettorale di questi partiti falsamente conservatori, andando così oltre i limiti storici e culturali di una sinistra che mai ha saputo sfondare in quelle realtà sociali. Ecco che nella seconda metà degli anni Ottanta, con determinazione e spesso in modo provocatoriamente controcorrente anche rispetto a quelli che già chiamava "i Verdi che contano" ai vertici del "Partito verde", Langer inizia una serrata riflessione sui temi più tipicamente "conservatori".
Desta particolare indignazione, a sinistra, l'avvio del dibattito sull'aborto.
Già nel settembre del 1986, dopo la catastrofe di Chernobyl, Langer interviene nel dibattito che impedisce ad anti-abortisti e ad anti-nuclearisti di unirsi in una comune battaglia a tutela della vita:
La priorità della difesa della vita (non solo umana) sul nostro pianeta, che una sempre più diffusa coscienza ecologica postula ormai, fatica ancora ad affermarsi in tutti, anche se compie significativi passi in avanti: Nessuno, anche al tempo della battaglia politica per la legalizzazione dell' "interruzione volontaria della gravidanza", diceva di vedere nell'aborto - scelta estrema di autodifesa della donna e, spesso, dell'uomo coinvolti in una maternità - paternità ritenuta inaccettabile e distruttiva - un bene, un obiettivo positivo.
Anzi: dicevamo tutti di voler combattere e prevenire l'aborto (con un'opera formativa adeguata),.
Un impegno che tenda alla riduzione della violenza contro ogni forma di vita - anche di violenza morale e psicologica - comprende sicuramente anche la battaglia per liberare la società - le donne - dall'aborto. In questo forse i Verdi-alternativi hanno qualcosa da imparare: dalle donne che ci ragionano con sofferenza e sensibilità, ed anche da quei credenti (non importa in quale fede religiosa) che tengono alta la bandiera della vita senza usarla come mazza o clava contro gli altri, e in particolare contro le donne.
Io ritengo che oggi, dopo Chernobyl e di fronte ad una "emergenza vita" assai multiforme (che va dallo sterminio per fame all'inquinamento della falda idrica), la battaglia per la riduzione complessiva della violenza e la difesa della vita e della futura possibilità di vita debba ricevere un segno ed un impulso nuovo.
Se vogliamo arrivare ad una società liberata dalla prigione, dall'aborto, dal manicomio, dall'alienazione consumistica, dalla quotidiana violenza televisiva ecc., dovremo pur cominciare a unire ed intrecciare le forze, le ragioni e i valori tra chi combatte le diverse violenze: quella dello sfratto non meno che quelle ospedaliere, quelle dei licenziamenti non meno che la distruzione della natura. [Corsivo nostro, n.d.a.] (27)
Alcuni mesi dopo, nel maggio del 1987, si trova a dover difendere sé stesso e un gruppo di militanti e simpatizzanti verdi di Firenze dagli attacchi di parte dell'intellighenzia progressista per aver firmato un documento di soddisfazione per l'istruzione vaticana (cosiddetta Ratzinger) sulla bioetica, che si opponeva ad ogni forma di manipolazione biogenetica e che riaffermava il primato dell'etica sulla scienza e sulle sue applicazioni. Il documento auspicava che la sensibilità della Chiesa su questi temi si estendesse anche a piante ed animali ed invitava le istituzioni scientifiche e sanitarie cattoliche a farsi pionieri di questi principi e a tradurli in pratica. (28) In quell'occasione - il documento fu strumentalmente interpretato come anti-abortista - riemerse la diffidenza della sinistra più tradizionale, ma anche di ambienti della nuova sinistra, verso il movimento verde. Anche all'interno dello stesso movimento le reazioni furono tendenzialmente negative ed appiattite su una generica difesa dei "diritti acquisiti" dal movimento delle donne. Langer e gli altri firmatari del documento furono accusati di "machismo verde", di antifemminismo, di volere "l'abbraccio tra fascisti, curia vaticana ed oscurantisti verdi (maschi)", di non essere abbastanza di sinistra, libertari, progressisti. (29)
L'ennesimo "ponte" lanciato da Langer, questa volta verso la sponda conservatrice della società e della politica, ha naturalmente anche lo scopo di contribuire a far saltare quella polarizzazione destra/sinistra di cui abbiamo già parlato e di accreditare culturalmente e politicamente i Verdi come terzo polo trasversale. Questa collocazione non deve esprimersi naturalmente nella nascita di un nuovo centro che possa allearsi indifferentemente con l'una o con l'altra parte, ma in una rottura tout court dei vecchi schemi politici e nell'affermazione di una nuova cultura "ecologica" che sappia porsi come sintesi tra il libertarismo e la radicalità di alcuni movimenti rivoluzionari degli anni Settanta e la moderazione e la saggezza di valori etici tradizionalmente "conservatori":
E' chiaro che su molti temi cari alla destra politica i Verdi non potranno mai essere concordi: dal militarismo all'ordine gerarchico e repressivo, dal profitto come motore dell'economia alla valorizzazione delle diseguaglianze sociali, e mille altri temi ancora. E tuttavia è innegabile che un certo conservatorismo (quello che in Germania chiamano Wertkonservatorismus, il conservatorismo dei valori) alligna anche tra i "Verdi", con tonalità più o meno esplicite, come pure vi alberga una forte considerazione per l'individuo e la sua peculiarità "ineguale", la diffidenza verso il "progresso", una tendenza segnatamente spiritualista, ecc. (30)