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I verdi contro il terzo mondo?

1.6.1990, Da "Nuova Ecologia", giugno 1990
Non è stato facile per i verdi al P.E. assumersi l'ingrato ruolo di disturbatori di nobile unanimità - e l'hanno fatto solo dopo averci discusso molto e pensato bene. Ma alla fine non si poteva non dire che il re era nudo: e così hanno presentato in "Commissione sviluppo" (che si occupa dei rapporti nord-sud e nella quale i verdi sono presenti con una forte delegazione, tra cui Melandri e Langer) una proposta sin qui inaudita: respingere, da parte del Parlamento europeo, la Quarta Convenzione di Lomé, conclusa dopo un lungo negoziato tra la Comunità Europea e gli 68 Stati "ACP" (Africa, Caraibi, Pacifico), valevole per i prossimi 10 anni. Il Parlamento in questo caso ha solo la scelta tra un sì ed un no: dare o negare l'"avviso conforme", visto che i contenuti della Convenzione vengono negoziati tra i poteri esecutivi (i 12 governi e la Commissione C.E. da una parte, i governi degli Stati ACP dall'altra) ed al Parlamento è dato solo un potere di ratifica o di rifiuto. Nel dicembre 1989 gli Stati-partners della Comunitá europea avevano tentato di spuntare condizioni migliori ed alla fine avevano firmato "obtorto collo" l'accordo raggiunto: o mangiare questa minestra o saltare da questa finestra. Ed è comprensibile che in un momento in cui l'attenzione (anche finanziaria) della Comunità rischia di volgersi tutto e solo verso l'Est, gli Stati "del sud" alla fine abbiano preferito il poco al nulla. Ma ciò non deve essere un buon motivo per i parlamentari verdi per accettare il ricatto dello stato di necessità e per ratificare una soluzione che prevede, sì, 12 miliardi di ECU in 5 anni a titolo gratuito per i paesi ACP, ma poi non interviene minimamente sulla condizione del debito del terzo mondo, imponendo - anzi - una volta in più la soluzione del c.d. aggiustamento strutturale, cioè dell'adeguamento dell'economia di quei paesi alle necessità del mercato export-import e della bilancia dei pagamenti con l'estero.

"E' tempo, ormai, che i paesi del nord del mondo comincino loro con l'aggiustamento strutturale: la loro economia non è compatibile nè con il bilancio ecologico né con quello sociale del pianeta", sostengono i verdi della "Commissione sviluppo", e "bisogna finalmente affrontare il rapporto tra il debito estero dei paesi del terzo mondo e la conservazione delle risorse ambientali: non ha senso pretendere restituzione di denaro da chi ha già pagato, in denaro ed in natura, molto più del giusto; piuttosto è venuto il momento che tra governi del nord e del sud del mondo si proceda ad accordi che aiutino i paesi del sud a rinunciare allo sfruttamento intensivo della natura, cancellando i debiti che li spingerebbero a ciò".

Tra i motivi per dire no alla Convenzione di Lomé c'è anche una notevole insoddisfazione dei verdi sulla determinazione dei prezzi delle materie prime, le insufficienti garanzie democratiche per le popolazioni interessate connesse agli accordi CE-ACP, il rapporto tuttora privilegiato che si stabilisce tra le classi dominanti dei paesi ACP e la C.E., tanto da procrastinare una "cooperazione" ed una linea di "aiuti" che ha già dimostrato tutta la sua carica fallimentare negli ultimi decenni, soprattutto in Africa.

Quando, dopo molte parole di critica venute anche da altre parti (dai comunisti ai liberali, dai socialisti a certi deputati democristiani o regionalisti-"arcobaleno"), i verdi hanno chiesto il voto, si è diffuso però il panico: l'idea di rifiutare la Convenzione già negoziata e di trarre la conclusione più esplicita dalle molte e ripetute lamentele sulla politica di cooperazione della C.E., é apparsa fin troppo sacrilega, anche perchè gli stessi paesi ACP - coinvolti ormai nella spirale assistenziale - non se la sentivano più di andare oltre il mugugno.

Lascio indovinare ai lettori l'esito del voto...


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