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Dichiarazione di voto contro la ratifica dell'accordo GATT

15.12.1994, PE
Quasi esattamente un anno fa questo Parlamento approvò a grande maggioranza una risoluzione di cui - per incarico della Commissione Sviluppo - ero relatore ed estensore.

Si trattava della risoluzione sul sostegno al commercio equo e solidale, votata nella sessione del 19 gennaio 1994. Vi si raccomandava il sostegno, da parte dell'Unione europea, alle esperienze-pilota del cosiddetto commercio alternativo, che in molti dei nostri paesi membri ormai ha preso piede. Una catena - ancora gracile e ristretta - di negozi ed imprese che commerciano con i produttori del Sud del mondo su una base di maggiore equità e solidarietà, acquistando i loro prodotti (caffè, cacao, the, artigianato artistico, ceramica, tessuti, ecc.) a prezzi più "realistici", cioè un po' più remunerativi rispetto a quanto viene normalmente imposto al Sud. Vi si premiano, tra l'altro, cooperative ed aziende che danno lavoro a donne ed a perone meno competitive sul mercato, si garantiscono pagamenti puntuali senza rinvii (anzi, qualche volta con anticipi) per rompere la spirale della destabilizzazione selvaggia dei prezzi e dell'indebitamento derivante dall'acquisto di materie prime e macchinari quando ancora non si conosce la prospettiva del ricavo commerciale.

Di fronte al grande commercio mondiale, i cui meccanismi ora si pretenderebbe noi ratificassimo, il piccolo circuito del "commercio equo e solidale" appare certamente e radicalmente contro tendenza. Non la massimizzazione del profitto, bensì l'espansione dei posti di lavoro; non il massimo sfruttamento dell'uomo e della natura, bensì il risanamento ecologico e sociale della produzione e dei prodotto; non la massima estensione del guadagno commerciale, bensì la sicurezza sociale dei produttori vi giocano il ruolo decisivo.

Il nostro Parlamento aveva trovato sensata quella proposta e ne ha votato la relativa risoluzione.

Oggi comincio a credere che davvero con ciò ci volessimo dare solo una tempestiva foglia di fico, per poi votare tranquillamente in favore del consolidamento di tutto il circuito del commercio iniquo e partigiano che oggi è chiamato "mercato mondiale".

Non possono crescere e radicarsi le picole isole di equità e di solidarietà, se contemporaneamente si lascia dilagare il mare di un commercio che strangola di debiti l'uomo e sacrifica al "tutto e subito" la natura. Le regole del gioco del GATT/Uruguay round comportano questo - non le possiamo ratificare col nostro voto.
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