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Ecopapa

9.1.1990, Nigrizia 9.1.1990

Fino a non molto tempo fa, anzi, fino a ieri e oggi, non pochi buoni cristiani vedevano nell'impegno ecologico una specie di passatempo per chi non sa guardare oltre gli animali e le piante. Gli ambientalisti venivano visti come gente che pur di non pensare all'anima ed alle cose dello spirito si preoccupano di specie in via di estinzione, di composti chimici e di sana alimentazione, di sport e di aria buona. Quasi un hobby, un parlar d'altro. Ed anche nei convegni più qualificati - come in quello convocato dai vescovi lombardi a Gazzada (VA) nel 1987 - si alzavano teologi e moralisti per ricordare che, sì, l'ambiente era importante e la salvaguardia della natura anche, ma che innanzitutto si doveva pensare all'uomo... come se fosse qualcosa di profondamente diverso, e moralmente poco rilevanti, occuparsi del benessere degli eco-sistemi. Furono, semmai, le chiese evangeliche del consiglio ecumenico a parlare per prime in termini come "giustizia, pace e salvaguardia del creato". L'ecologia, tra i cattolici, sembrava roba da qualche francescano particolarmente ben disposto... o da appaltare agli scouts cattolici. Basti ricordare l'imbarazzato silenzio di gran parte della gerarchia cattolica e delle stesse associazioni al tempo del referendum del 1987, quando il popolo italiano venne interrogato se voleva avventurarsi sulla strada dell'energia nucleare o se preferiva fermarsi, dopo Cernobyl, appena sulla soglia, senza varcarla seriamente. Mentre per ogni modesta elezione amministrativa i vescovi scomodavano alti principi morali per raccomandare poi il voto al solito partito che fosse... democratico e cristiano, sembrava che la questione posta dal referendum ecologista non avesse una sua profonda dimensione morale, e che quindi andasse snobbato ed, al massimo, sopportato con cristiana rassegnazione ed indifferenza. Quando invece il paragone con le tentazioni di Cristo nel deserto si sarebbe offerto come ottimo spunto per una predicazione sul "vuoi tu l'infinita potenza energetica che l'atomo ti garantisce, purché tu ti chini ad adorarlo...?"

  Tutto questo sembra ora appartenere ad un passato già remoto. Dopo oltre un anno di predicazione ecologista di papa Wojtyla, dai sermoni durante le sue vacanze in Val Visdende al discorso di Montalto di Castro, ormai questa elaborazione ha raggiunto il suo culmine nella recente "esortazione apostolica PACE CON DIO CREATORE, PACE CON TUTTO IL CREATO". Già il titolo del documento pontifico sembra riecheggiare uno slogan degli ecologisti ("pace tra gli uomini, pace con la natura"), e l'aver scelto di collocare la sfida ecologica - giustamente - tra i temi della pace e di dedicarle il messaggio per la giornata mondiale della pace 1990, è altamente significativo. Più chiaro di così non poteva essere riconosciuto il valore della "coscienza ecologica" (il Papa usa questo stesso termine) non come problema della botanica, della zoologia o delle discipline attinenti alla valutazione dell'impatto ambientale, ma come un problema centrale del nostro tempo, e quindi anche dei cristiani del nostro tempo.

  Anzi: se finora certi cristiani potevano sentirsi dispensati dall'attenzione ecologica, ritenuta settoriale e tutto sommato di rilievo morale e religioso trascurabile, ora il Papa in sostanza fa suo lo stesso ragionamento che ha ispirato il processo ecumenico intitolato "giustizia, pace e salvaguardia del creato", ricordando che - semmai - per il credente c'è qualche ragione in più (e non in meno) di preoccuparsi dell'ambiente, cioè dell'insieme del creato. E riconosce che la preoccupazione per la "sofferenza della terra è comune anche a coloro che non condividono la nostra fede in Dio", sottolineando il carattere di "problema morale".

  Ce n'è di più: Giovanni Paolo II usa più volte nel suo testo il termine "società pacifica" ed individua nell'impegno per la salvaguardia della biosfera una dimensione essenziale della solidarietà, sia tra uomini viventi sulla terra (ed in particolare tra popoli, tra ricchi e poveri, tra industrializzati e non, ecc.), sia verso le future generazioni. L'inquinamento e la distruzione dell'ambiente vengono chiamate "un vero e proprio disprezzo per l'uomo"! Lo stesso richiamo, così consueto nella predicazione di Wojtyla, alla "mancanza di rispetto per la vita" non viene - questa volta - ristretto alla tematica della vita non nata e dell'aborto, ma visto come fonte di "molti comportamenti inquinanti". Ed il Papa fa presente che con ciò si rischia anche di arrivare alla soglia stessa dell'autodistruzione.

  Anche nella ricerca di soluzioni il ragionamento di Giovanni Paolo II appare vicino a quello degli ecologisti più avveduti e più sensibili: non le semplici riforme gestionali delle risorse - per quanto importanti - e l'uso più razionale e meglio coordinato dell'ambiente possono essere la risposta vincente, ma un cambiamento profondo e globale che esige una nuova soldiarietà e che affronti direttamente le forme strutturali di povertà, di degrado ecologico, di guerre grandi e piccole. Persino il nesso tra debito dei paesi poveri e distruzione ambientale viene esplicitamente nominato e denunciato: "alcuni paesi fortemente indebitati stanno distruggendo il loro patrimonio naturale con la conseguenza di irrimediabili squilibri ecologici, pur di ottenere nuovi prodotti di esportazione".

  Anche se il Papa non usa, nella sua esortazione apostolica, il termine che alcuni ecologisti e gli stessi vescovi lombardi ogni tanto invocano - cioè la necessità di una vera e propria "conversione ecologica" - sembra poter dire che le sue conclusioni vanno proprio in quella direzione, quando parla della necessità di "rivedere seriamente lo stile di vita della società odierna", se si vuole trovare soluzione al problema ecologico.

  D'ora in poi i buoni cristiani non potranno quindi più pensare che per salvarsi l'anima magari fa bene dare qualche elemosina, ma che è del tutto indifferente se ci si sposti sempre in automobile, se si usino detersivi inquinanti, se si partecipi allo spreco energetico o se si immettano in circolazione sostanze inquinanti o addirittura tossiche.

  Dovrà essere ripensata ed in parte re-inventata una "morale per la vita quotidiana" che tenga nel giusto conto la sfida ecologica, dopo questa esortazione papale, se la si vuol prendere in parola. Ben venga questo sforzo, e ben vengano i cristiani che vorranno accettare di fare questo sforzo insieme a chi si preoccupa della sofferenza e dell'integrità del creato anche senza condividere sempre o in tutto le loro convinzioni di fede.

 

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