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I possibili malintesi di un discorso sulla pace

1.7.1971, Viaggiatore leggero

Guardando indietro, siamo in grado di individuare ed accettare con serenità alcune colpe storiche della chiesa nei riguardi della pace. I possibili malintesi che ancora oggi rimangono presenti nella cristianità, anche locale, sono fondamentalmente due. Molte volte la pace e stata scambiata per il quieto vivere ed il discorso che i cristiani hanno portato avanti si e ridotto nei secoli ad una pace prevalentemente interiore, una pace "menefreghista" che vede la sua tranquillità nell'assenza di relazioni. Certo, l'assenza di relazioni e anche assenza di tensioni, ma una pace vera che si riconosca nell'amore e monca se non entra in relazione con gli altri. Questo succede spesso anche in Alto Adige: molti dicono "noi viviamo in pace", "andiamo perfettamente d'accordo", senza tener conto che la loro e una pace individuale in cui e assente il confronto ed il dialogo. Un altro malinteso e quello di una pace assai debole, cioè evasiva, di coloro che in chiesa sono disposti a pregare per gli altri, anche con fervore, ma che nella vita pratica si comportano come l'opinione pubblica o il mondo vuole. Cosi molti hanno creduto di essere gli unici depositari della pace e di poter scavalcare l'uomo dicendo "noi cristiani la pace l'abbiamo già e quindi non ci serve lottare per averla", guardando magari con ironia gli operai in sciopero o un corteo di protesta. Un altro malinteso molto comune e quello dell'unita nella quale tutti hanno sempre creduto, ma che e stata spesso trasformata in uniformità. Cosi e successo che da una unita di fede speranza e carità nascesse necessariamente una unita di struttura e di azione politica. Molti si scandalizzano che in Alto Adige due cristianità vivano divise e credono che basterebbe un ordine dell'autorità politica o ecclesiastica per creare subito l'unita. Questo tipo di pace sarebbe una pace violenta perché non terrebbe conto delle diversità dell'uomo. Essere uniti infatti non vuol dire togliere le differenze. L'inizio di un incontro con l'altro gruppo potrebbe essere la conoscenza della lingua, della storia, della mentalità o dei costumi. Questa costruzione della pace ci chiede di lasciare da parte l'uomo vecchio, l'uomo dell'antico testamento, di seppellire assieme a questo i molti pregiudizi della mentalità e di non fermarsi a quelle difficoltà che i luoghi comuni definiscono insormontabili.

Sintesi dell'intervento ad un convegno dell'Azione cattolica a Nalles, nel 1971, citato da Lorenzo Pesce in "Fare ancora, ripensando Alexander Langer, ed. Il Cristallo AlphaBeta 2011

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