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Irfanka Pasagic: Bisogna venirci ed esserci a Srebrenica

20.4.2014, Dossier Benetton, Premio Scarpa2014 ai villaggi di Osmace e Brezani

 

Srebrenica deve diventare la citta' della memoria.
Ma anche citta' della speranza.
La citta' nella quale impareremo delle lezioni. E sperare che questa volta vegano imparate veramente. Perche' non si ripeta, come si sta ripetendo oggi in Siria, Ucraina...

 

Quando Edi Rabini, nel corso di una conversazione informale, mi chiese come potevano aiutare, non ricordo esattamente quello  che dissi pero' so  qual'era il messaggio  – bisogna venire ed esserci a Srebrenica. E' una frase che ripeto spesso, ma ero sicura che lui mi stava sentendo. E capendo.
Ne e' una prova anche questo premio a Muhamed e Velibor, che sicuramente non ci sarebbe stato senza di  lui.
Srebrenica, un tempo bellissima cittadina turistica  nella Bosnia nord-orientale, famosa per la sua acqua termale unica in Europa , descritta dal rinomato scrittore di viaggi Evlija Čelebija come spugna inzuppata di acque curative   e' stata uccisa, isolata, per piu' di tre anni di completa mancanza di volonta' di aiutarla e  poi  alla fine ha subito il  colpo finale nel luglio del 1995 , in diretta televisiva, davati agli occhi di tutto il mondo.
„Srebrenica: i giorni della vergogna“  e' un libro scritto da Luca Leone.
Migliaia di morti e migliaia di dispersi.  E ancora molti di piu' quelli che continuano a vivere con profonde ferite nel cuore che faticano a ricucirsi.
E dopo tutto non abbiamo il diritto di dire che non sapevamo.
Per  la ripresa di qualcosa che e' stato cosi' sistematicamente distrutto, come e' stata distrutta Srebrenica  e tutto quello che rapprestantava  la vita in lei, c'e' bisogno di tempo. E di tanti amici, tanto sostegno, tanta comprensione.
Parecchio tempo fa ho imparato che le ferite provocate dalla cattiveria umana possono essere curate solo con la bonta' umana.
Da anni lavoro con i bambini e i giovani che durante e dopo la guerra sono rimasti senza genitori. E devo confessare che le piu' grandi lezioni di vita le ho imparate da loro.

Subito dopo la fine delle guerra, preparando una piccola raccolta di lavori dei bambini della Casa per bambini senza cura dei genitori,  nei quali scrivevano dei loro ricordi dei tempi in cui vivevano con le proprie famiglie e con loro festeggiavano le feste, dei tempi in cui le hanno perse, delle paure che hanno sentito, dell'arrivo e della vita nella Casa,  ci sono voluti giorni per trovare il titolo adatto.  Besima, psicologa della Casa che mi ha legato in maniera indissolubile a questi bambini, propose di chiedere a loro. „ Tutto questo e' nel mio cuore“ decisero nello stesso momento in cui glielo chidemmo.

Il modo migliore per aiutare e' guardare anche per un'istante  nei loro cuori pieni di ricordi. Sia ricordi belli , che ricordi di  quell' altro tipo.
Tuzlanska Amica ha progettato tutte le sue attivita' ascoltando e ricordandosi tutto quello che i feriti di  guerra ci dicevano, cercando insieme a loro di fare il meglio.
Grazie all'enorme comprensione e all'amicizia di numerose organizzazioni, prima di tutto italiane, di cui alcune sono nate dopo aver conosciuto noi ed il nostro lavoro, siamo riusciti a far si che le tracce della nostra presenza fossero presenti dapertuttuo, a volte nascosti nei cuori di coloro che stavamo aiutando, a volte ben visibili.
La nostra fortuna e' stata aver consociuto persone buone nei tempi in cui quando avevamo bisogno di parole calde, aiuto e sostegno. Con Edi e la Fondazione Alexander Langer, con noi da anni sono Spazio Pubblico di donne di Bologna, Cral Telecom Emilia Romanga e Cral Telecom Liguria, la Regione Emilia Romagna, associazione Culturale Macondo di Bagnolo in Piano, l'associazione Macondo Tre di La Spezia, associazione Adottando di Bologna, la rivista Una citta' , l'associazione Solidarieta' 1991 di Villa di Serio, l'associazione Banca Aiuti di Rimini, e molti altri.
Anziche' scrivere i nomi delle organizzazioni preferirei' scrivere i nomi delle persone perche' le organizzazioni con le quali collaboriamo sono fatte di persone buone. Ma l'elenco sarebbe troppo lungo.
Abbiamo iniziato come gruppo informale, durante i primi giorni della guerra, quando anche noi stessi eravamo persi, ma pieni di desiderio di aiutare le colonne di donne, bambini, anziani che arrivano a Tuzla dai campi di concentramento. Solo  dopo mi sono resa conto che si trattava di corraggio e di un'esperienza unica- anche nei giorni in cui la morte era dappertutto intorno a noi e quando anche noi stessi, come loro, avevamo fame ed eravamo spaventati abbiamo cercato di alleviare la sofferenza psicologica che durava.
Da anni ci troviamo di fronte a storie su Srebrenica raccontate da coloro che non l'hanno mai visitata, di fronte a innumerevoli progetti che costano troppo senza risultati tangibili, nati negli uffici, lontani dalla realta' e dai bisogni di questa cittadina speciale.
Mi ricordo di un giovne di Srebrenica che disse „ se continua cosi', saremo solo un museo di figure di cera- verrano a vederci, ci guarderanno e se ne andranno. Daranno qualche soldo come biglietto d'ingresso per il circo“.
Quando ho parlato a Edi di come si poteva aiutare volevo che, oltre a quelli che vengono una sola volta, scrivono un libro e pensano di sapere cosa e come si deve fare, e  oltre a quelli che pensano che con il denaro puo' essere lavata l'inoperosita' nei tempi del male, venissero anche quelli che lo vogliono veramente, quelli che ascolteranno, sosterranno, criticheranno quando necessario, quelli  a cui riguarda anche quello che e' successo e quello che ci vuole per un domani diverso.
Sapevo che a Srebrenica ci sono giovani che non si rassegnano di fronte alla situzione di divisione e verita' solo del proprio popolo. Giovani pronti a confrontarsi con i terribili tempi di guerra e di crimini, pronti anche a risvegliare la speranza che il futuro possa essere costruito insieme e senza odio, in quella che un tempo e' stata Srebrenica.  Giovani corraggiosi che vogliono rimanere nella propria citta', scritta in lettere nere nella storia dell'Europa.
E lottare per qualcosa di diverso.
Sebrenica oggi e' qualcosa di completamente diverso rispetto a quello che e' stata un tempo.  L' unica cosa bella e positiva sono le persone che ci  incontrerete.
Cosi' come tutto il resto in Bosnia Erzegovina, anche la memoria di Srebrenica e' divisa in due parti: il prima della guerra e il dopo.  Le tracce del prima sono invisibili, pero' sopravvivono nei cuori dei sopravvisuti. Ed e' proprio  questo ricordo che deve essere conservato per le generazioni future che stanno crescendo e per quelle che verranno.
Sapevo che conservare i racconti di Srebrenica „prima“ significava credere che il male non puo' trionfare e che un nuovo futuro possa essere costruito su quello che di buono era e che non puo' e non deve essere distrutto e dimenticato.
Per questo ho parlato della necessita' di venire a Srebrenica.
Per questo ho parlato della necessita' di scrivere del passato e i bei racconti, attraverso la creazione di un centro di documentazione.
Per questo ho voluto che un gruppo di giovani avesse a disposizione uno spazio per stare insieme, uno spazio dove poter parlare insieme di quello che e' stato e di quello che vorrebbero che fosse.
Da cui l'idea della Settimana internazionale della memoria come prova che non abbiamo dimenticato Srebrenica e che le siamo  vicini.
Il nome Adopt Srebrenica all'inizio non mi piaceva. Oggi sono grata a Sabina Langer per  aver riconsciuto tutta la forza  e tutto l'amore che la parola Adopt porta con se. Se adotti qualcuno lo fai perche' lo vuoi. E fai tutto per farlo felice. Insieme a te. E solo quando sei sicuro che puo' continuare da solo lo lasci volare via. Pero' ci sei sempre, per condividere le gioie e i dispiaceri, per sentirlo e farti sentire quando c'e' bisogno.
Ricordo la Prima Settimana internazionale della memoria.
Abituati che solo durante la commemorazione dell'anniversario del genocidio a Srebrenica ci siano tante attivita', ci guardavano stupiti. Nei periodi in cui le strade di solito sono deserte noi c'eravamo.
Quando abbiamo cercato le famiglie nelle quali potevano alloggiare i partecipanti, per lo piu' giovani dall'Italia, non c'erano interessati. Le famiglie, che prima della guerra per anni hanno vissuto di turismo e si caraterizzavano per la gentilezza nei confronti degli ospiti, rigettavano l'idea di continuare.  Abbiamo capito che dopo anni di traumatizzazione hanno smesso di continuare a credere che potevano e che sapevano farlo. Abbiamo parlato a lungo con loro, gli abbiamo spiegato cosa avrebbero dovuto fare, li abbiamo convinti che sarebbe stato molto piu' semplice di prima, gli abbiamo ripetuto che nessuno se ne avrebbe avuto a male anche se non tutto fosse stato ideale.  Hanno accettato e noi eravamo testimoni della loro felicita' quando gli ospiti se ne sono andati contentissimi. L'anno successivo il numero delle famiglie che volevano ospitare i partecipanti della Settimana era enorme.  E quando gli abbiamo detto che avrebbero dovuto preparare anche la colazione , per loro e' stato un colpo - di nuovo la stessa sensazione di impotenza e incapacita'.  Avremmo potuto rinunciare anche noi pero' non l'abbiamo fatto. Sapevamo che erano conseguenze  di quello che hanno vissuto. / Durante una conferenza un rappresentante dell'ONU defini ' pigrizia il comportamento di questo tipo dei rifugiati di un villaggio profughi. Ma se solo avesse voluto avrebbe  capito che la mancanza di interesse per le attivita' che un tempo erano ordinarie, che la sensazione di futuro rubato, la sensazione di impotenza  sono reazioni normali di una lunga traumatizzazione.
Quando tutto fini' la loro felicita' era tangibile. Anche il denaro guadagnato non era da meno- la gran parte delle famiglie con molto piacere ha constatato che per la prima volta non dovevano preoccuparsi  per la legna e carbone per il riscaldamento durante il lungo inverno di Srebrenica.

Abbiamo fatto e facciamo un passo alla volta. Ascoltando e decidendo insieme. Parlando del passato, ma sempre con il pensiero rivolto al futuro. Organizzando gite per far conoscere le bellezze di Srebrenica e della sua tumultuosa storia. Portando numerosi artisti e esperti in vari campi, numerosi gruppi di giovani per far si che a Srebrenica imparino la lezione.
Organizzando seminari educativi e laboratori con i giovani di Srebrenica.
Le difficolta' che abbiamo incontrato le abbiamo superate insieme. Non e' stato difficile.
Non pensiamo di aver fatto un miracolo a Srebrenica con il progetto Adopt.
Non pensiamo di aver cambiato tanto le loro vite.
Pero' sappiamo, e anche loro lo sanno, che hanno degli amici in noi e che ogni giorno che passa siamo sempre piu' numerosi. Ed e' per questo che tutte le volte ci accolgono con gioia. E tutte le volte rimangono delle tracce.  Come i campi di grano saraceno sull'altopiano sopra Srebrenica.
Srebrenica deve diventare la citta' della memoria.
Ma anche citta' della speranza.
La citta' nella quale impareremo delle lezioni. E sperare che questa volta vegano imparate veramente. Perche' non si ripeta, come si sta ripetendo oggi in Siria, Ucraina...

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