Giorgio Mezzalira: Il confine che ritorna
Nelle tante possibili declinazioni del confine, a un secolo di distanza dal primo conflitto mondiale che quello stesso confine ha tracciato sul sangue di migliaia di vite umane da una parte e dall’altra, ricompare prevalente la versione della barriera. Non cerniera né cucitura, nemmeno spazio di comunicazione e di scambio. Che sia filo spinato o filtro, come il governo austriaco preferisce definirlo - attenuando il significato della sua scelta nei confronti di profughi e migranti attesi al Brennero - il concetto di fondo non cambia. Si torna a tracciare una linea di netta demarcazione che separa un dentro e un fuori, un noi e gli altri. E’ la stessa fredda geometria che ha giustificato in passato le ragioni e gli egoismi nazionali. La credevamo una visione superata nel nome di un’Europa da vivere nella pluralità, nella continuità del suo disegno e della sua mappa storica che pure ce la mostra con una sua identità. Abbiamo coltivato e praticato l’idea di un comune ampio spazio di cittadinanza, da attraversare senza permessi e passaporti ma è una conquista di civiltà e democrazia oggi contraddetta nei fatti. La variegata cartina dei 28 stati membri si tinge sempre più di blu, disegnando i contorni del progressivo allargamento e della presa dei partiti della destra populista. I nuovi leader lanciati sulla scena politica europea e sostenuti da un crescente consenso popolare condividono un’unica prospettiva: intraprendere, in nome della difesa di un presunto popolo sovrano e di un rinascente orgoglio patriottico, il viaggio di ritorno verso gli stati nazionali, da concludersi serrando l’uscio di casa. Il messaggio suona rassicurante e non comporta sacrifici agli occhi di larghi strati sociali esposti alla crisi e al progressivo smantellamento del welfare. Rievocando i più bui tornanti della storia, si guarda piuttosto ai profughi e agli immigrati economici come ai principali indiziati di tutto ciò che non funziona, al pericolo che bussa alla porta o, peggio ancora, all’insidia che si nasconde nelle nostre città. L’idea di Europa pare ormai solo buona per far dire ai Le Pen, Petry o Hofer di turno che l’Islam non ne può far parte. In breve, che l’identità di questa nostra comunità europea si definisce per esclusione piuttosto che per inclusione. Gli analisti parlano di una sveglia che continua a suonare ovvero di un’Europa che dovrebbe aprire gli occhi. E se fosse sveglia ma non avesse le forze per rialzarsi? L’ipotesi di mettere mano al regolamento di Dublino è ancora sulla carta, Schengen è una foto ricordo e intanto il Brennero si militarizza un po’ di più per la manifestazione degli anarchici contro le frontiere, una bella contraddizione da sciogliere quest’ultima per i movimenti radicali che quella frontiera presidiata vorrebbero abbattere.