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Che albero piantiamo per Alexander Langer?

Era questa la domanda che abbiamo posto a Irfanka Pašagić a fine giugno 2015, nel pieno delle prove finali per la messa in scena dello spettacolo “Don Kihot” a Tuzla. L’azione collettiva di piantare un albero doveva essere la scena finale dello spettacolo e l’idea maturò all’interno del gruppo di lavoro, costituito dagli attori dell’Accademia di arti drammatiche di Tuzla, da due ragazzə di Srebrenica che avevano partecipato ai nostri laboratori e progetti teatrali dal 2013 e dal team di regia di teatroZAPPAtheater di Merano.

Il progetto teatrale nasceva dall’esigenza di “preparare il terreno” alla serie di eventi e conferenze previsti a inizio luglio tra Tuzla, Sarajevo e Srebrenica, per il ventennale della scomparsa di Alexander Langer e per il ventennale del genocidio di Srebrenica. Con il lavoro di teatro territorio, iniziato più di un mese prima dell’avvio di Euromediterranea 2015, il gruppo di teatro aveva l’obiettivo di “rinfrescare la memoria” della comunità locale rispetto all’impegno del viaggiatore leggero dal Sudtirolo, che si era speso fino all’esaurimento per cercare di fermare la guerra in Bosnia Erzegovina. Riportare quindi Langer e il suo “Tentativo di decalogo per la convivenza interetnica” nella città da cui trae origine l’appello “L’Europa muore o rinasce a Sarajevo” e al tempo stesso creare un ponte con Adopt Srebrenica, che quell’anno riceveva il Premio Internazionale Alexander Langer.

L’azione finale del piantare un albero dedicato a Langer, con il coinvolgimento del pubblico presente, per noi rappresentava la trasposizione poetica del decimo punto del decalogo, quello sulle piante pioniere, origine e sviluppo del progetto (poi associazione) Adopt Srebrenica. Un segno di memoria, un radicamento e una prospettiva di crescita per il futuro, realizzati “sporcandosi le mani”, in questo caso con la terra nella quale sarebbe stato piantato l’albero.

Individuammo il luogo dove svolgere questa azione collettiva. L’aiuola memoriale dedicata ai bogomili in Trg Slobode, la Piazza della Libertà di Tuzla, dove si sarebbero svolte le scene finali del Don Kihot. Il luogo ci pareva perfetto: un segno di memoria per Langer posto vicino agli eretici della chiesa scismatica bosniaca. Il problema era che si trattava di un luogo pubblico e avremmo dovuto chiedere l’autorizzazione (non scontata) all’amministrazione comunale.

Irfanka, che al tempo svolgeva anche funzioni di consulenza per il sindaco di Tuzla, Jasmin Imamović, sposò subito l’idea nata dalla creazione originale di testi e scene da parte del gruppo di lavoro teatrale e si fece carico di proporla al sindaco, che concesse le autorizzazioni necessarie e mise a disposizione la giardineria comunale per eseguire i lavori.

«Avevamo già pronte le carriole e i badili da fornire al pubblico per partecipare all’azione collettiva di piantare l’albero», ricordano Mirza Salihović e Emir Krivalić, due degli attori protagonisti. Già, ma quale albero? Il gruppo teatrale aveva in mente una betulla o un salice, ma Irfanka propose un tiglio perché fa un buon profumo quando fiorisce e poi perché ci disse che in Bosnia Erzegovina il salice è associato alla tristezza e si usa dare della betulla a persone considerate non troppo sveglie. Fu Irfanka poi a proporre la scritta sulla targa commemorativa. Un semplice (e perfettamente aderente al personaggio) “Alexander Langer, amico di Tuzla”, che ottenne il consenso di tutto il gruppo di lavoro. Scoprimmo successivamente – neanche Irfanka lo sapeva – che nella tradizione precristiana dei popoli slavi il tiglio (lipa, in bosniaco) era un albero sacro e occupava un posto centrale nella vita pubblica di queste comunità.

In puro stile teatrale, ci fu un doppio colpo di scena. La nostra azione finale di piantare die Langer Linde come gesto collettivo e ponte tra il decalogo e Adopt Srebrenica, venne “bruciata” dal sindaco, che per un impegno inderogabile non avrebbe potuto essere presente alla prima dello spettacolo e volle quindi piantare il tiglio il giorno precedente, con tanto di conferenza stampa. Però, alla conferenza stampa mettemmo in atto una piccola rivoluzione del protocollo previsto. Aspettammo la posa del tiglio e della targa e appena il sindaco prese la parola davanti ai media, gli attori sbucarono all’improvviso riprendendosi la scena per mettere in atto un trailer live dello spettacolo, al termine del quale i giornalisti, ritenendo finita la conferenza stampa se ne andarono. L’acuto primo cittadino di Tuzla, non poté far altro che stare al gioco, accusare elegantemente il colpo e applaudire i protagonisti.

Wem gehört die Langer-Linde? L’aspetto affascinante secondo noi è che si tratta di una creazione di comunità e pensiamo che questo sarebbe piaciuto a Langer. Dei giovani attori bosniaci, che non sapevano neanche chi fosse Alex Langer, con la regia del team di teatroZAPPAtheater che gli ha proposto i contenuti langeriani sui quali lavorare per creare una trasposizione teatrale, hanno avuto l’idea di questa azione collettiva. Il team di regia ha individuato il luogo. Irfanka ha deciso il tipo di albero e la scritta sulla targa. Il sindaco di Tuzla ha concesso le autorizzazioni. I giardinieri del comune di Tuzla lo hanno piantato. E la comunità di Tuzla, che ha visto per un mese un gruppo di attori e attrici girare per la città in costume, a cavallo (vero!), utilizzando il trenino turistico come cavalcatura di uno dei Don Kihot, e che ha partecipato in alcune migliaia alle processioni teatrali e al finale in Trg Slobode, gli ha dato un senso.

team teatroZAPPAtheater

[Andrea Rizza Goldstein, Evi Unterthiner, Giovanni Zurzolo]

Per approfondimenti e dettagli sulla modalità del teatro territorio, riconosciuta da Matera 2019 come un’eccellenza artistico-culturale, si veda la pubblicazione “15+10 teatroZAPPAtheater”

https://www.teatrozappa.it/wp/wp-content/uploads/2020/03/DRF-21-10-Zappa-innenteil-arbeitsdatei-.pdf e sul don Kihot a Tuzla e Sarajevo, il capitolo da pagina 40 a pagina 54.

In foto la mail del 28 giugno 2105 a Irfanka Pašagić, in cui comunichiamo di aver individuato il luogo per piantare l’albero, dicendo che non eravamo sicuri che si potesse piantare proprio lì in quanto ci pareva di aver capito che fosse l’aiuola di un monumento memoriale dedicato ai bogomili.

 

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