Francesco Gasparetto III - La versione di Zijo
Per le strade della Bosnia-Erzegovina si incontrano storie, molte storie. Quasi tutte parlano di guerra. Pur essendo ormai passati 19 anni dall’inizio della guerra gli argomenti sembrano essersi fissati in quei 4 anni che hanno sconvolto i Balcani e che hanno tradito l’innocenza di un Europa che non pensava che gli spettri del nazionalismo e del fanatismo potesse ancora generare gli orrori del passato. L’ex-Jugoslavia ci ha invece insegnato che i fascismi, e con loro le idee di supremazia di razza o religione, non muoiono mai. Quella che vi stiamo raccontando è la storia di Zijo Ribic, un ragazzo Rom che ora ha 25 anni e che forse passerà alla storia per essere il primo Rom che trascina in un tribunale internazionale il carnefice della sua famiglia. Intervista a Zijo Ribic a cura di Francesco Gasparetto, in collaborazione con Beatrice Barzaghi, Federico Zappini e con la traduzione di Andrea Rizza
Seconda parte Siamo nel 1992 quando il villaggio di poche case, dove la famiglia di Zijo (che all’epoca dei fatti aveva 7 anni) vive, viene sconvolto dalla brutalità della guerra etnica. La sorella di Zijo viene violentata sotto gli occhi impotenti dei familiari, caricata sui camion di una squadra paramilitare serba, dopo il macabro rituale della separazione maschi da una parte e donne e bambini dall’altra, e portati non molto lontano dal villaggio. Li vengono fatti scendere e alla luce dei fari dei camion finiti a colpi di pistola. Anche a Zijo tocca la stessa sorte dei suoi familiari, ma dopo essere stato ferito prima da un proiettile e poi da un coltello e scaraventato giù da una piccola scarpata, riesce a salvarsi fingendosi morto tra i cadaveri dei suoi familiari. Si salverà grazie all’aiuto di un paio di uomini che lo porteranno in un ospedale da dove poi, alla fine della guerra, sarà trasferito in un orfanotrofio in Montenegro. Qui vi resterà fino a quando un’altra emergenza, quella dei profughi e di bambini come Zijo, cominciano a giungere in Montenegro dal Kossovo. A quel punto Zijo sarà costretto a ritornare in Bosnia a Tuzla, dove lentamente e faticosamente cercherà di tornare ad una vita normale grazie all’aiuto di Irfarnka Pasagic e della sua associazione Tuzlanska Amica. Tra i primi ospiti della casa Pappagallo (altro progetto della Pasagic), nel 2005, dopo un incontro con Natasa Kandic (serba, già sindacalista attivista per i diritti umani e portavoce delle vittime delle guerre degli anni ’90) decide di fare causa a quel criminale di guerra che gli sterminò la famiglia e gli spezzò l’infanzia. Un coraggio, quello di Zijo, non comune e che probabilmente lo porterà ad entrare nella storia, sicuramente in quella del popolo Rom, per cui il ’900 è stato un secolo breve, ma anche segnato da inumane ingiustizie.