Wir verwenden Cookies um unsere Webseite für Sie möglichst benutzerfreundlich zu gestalten. Wenn Sie fortfahren, nehmen wir an, dass Sie damit einverstanden sind.
Weitere Information finden Sie in der Datenschutzerklärung.
Europa: manca un protagonista fermo ma pacifico
23.1.1991, atti pe
Presidente, presidenti, colleghe e colleghi, non disconosciamo la fede e l'impegno europeista della presidenza italiana, o anche di Andreotti personalmente, ma non possiamo che dissociarci radicalmente dal suo ottimistico giudizio. Ogni comunità, ogni aggregazione si caratterizza essenzialmente in riferimento agli scopi che si propone e alle sfide cui risponde. La nostra Comunità non é riuscita a fare il suo salto di qualità con una comune politica di pace e ora rischia fortemente di caratterizzarsi e forgiarsi in questa guerra, una guerra che ha visto alcuni membri della Comunità allinearsi precipitosamente e zelantemente con gli Stati Uniti, alcuni altri muoversi, velleitariamente spesso, e in ordine sparso, in favore di risposte politico-diplomatiche all'invasione irachena del Kuwait, altri ancora sostanzialmente eclissarsi. E' mancata una politica estera comunitaria che delineasse un protagonista fermo ma pacifico, con una sua proposta e una sua iniziativa. Gli organismi sovranazionali, dalle Nazioni Unite fino alla nostra Comunità Europea, hanno ceduto il passo e l'iniziativa ai più violenti, ai più forti, la cui azione alla fine non poteva che essere o condannata, come é stato giustamente nell caso dell'Iraq, e come penso avverrà oggi in questo Parlamento, o approvata, come avverrà, temo, nei confronti degli Stati Uniti, senza però lasciare spazi a proprie iniziative, senza assumere un proprio profilo. Come meravigliarci allora se né i popoli e i paesi arabi, moderati o radicali, né Israele, né gli Stati Uniti, riconoscano nella Comunità un protagonista autonomo, forte e dunque credibile? Sento già nell'aria la risposta che alcuni vorrebbero dare a questa domanda: "occorre conquistarsi i galloni sul campo, ossia con la guerra, fare passi in avanti verso una comune politica di sicurezza e militare, là dove invece non siamo stati capaci di sviluppare la qualità politica e democratica della Comunità". Che tragico errore!
C'è, ma forse ormai bisognerebbe dire "c'era", un forte bisogno d'Europa proveniente dai nostri popoli, dall'Est europeo, dall'area mediterranea e mediorentale e anche dall'emisfero sud. Una domanda di una Europa capace di essere diversa e autonoma, ma non per questo avversaria degli Stati Uniti, i quali oggi, invece, rischiano di appiattire le nostre scelte, da quelle politiche e militari a quelle agricole - ne ha fatto giustamente riferimento il Presidente Delors - a quelle industriali o tecnologiche, commerciali o energetiche fino alla politica sulla droga. L'Europa subalterna e con l'elmetto, che oggi molti dei nostri governi impersonano e che i mass media riflettono ed esaltano, non saprà dare un efficace contributo a favore di un nuovo ordine internazionale in cui non ci siano più due pesi e due misure, come ha detto Andreotti, a meno che non vogliamo affidare questa prospettiva, d'ora in poi, alla forza delle armi, alla cosiddetta polizia internazionale, invece che ad un ordine giusto e per questo convincente. Ma in tal caso basterà la Comunità così com'è ora, pronta a seguire le cartoline-precetto e le chiamate al fronte che altri le trasmettono!
Intervento in aula a Strasburgo, 23.1.1991, alla presenza del Presidente del Consiglio Europeo Giulio Andreotti