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Lotta continua
1.3.1986
L'adesione a "Lotta continua" alla fine del 1970 giunge al termine di un processo collettivo di ricerca: in parecchi, a Bolzano, sentiamo l'esigenza di legarci a una realtà più grande di noi. Dopo aver sondato il panorama di gruppi e organizzazioni e dopo che qualcuno aveva compiuto altre scelte individuali (es. nel "Manifesto") arriviamo a considerarci parte di LC. C'è probabilmente anche qualcosa di regressivo in questa ricerca di "affiliazione", e sicuramente anche una buona porzione di ideologia; ma soprattutto la voglia di partecipare direttamente e attivamente a un processo storico che riteniamo promettente, liberatorio, "rivoluzionario", e che ci rendiamo conto avrà i suoi epicentri altrove, non nel Sudtirolo, e in certa misura relativizza i problemi ai quali finora ci eravamo prevalentemente dedicati. In LC troviamo l'esaltazione di momenti di spontaneità, di combattività fuori dal dogma o dalla tradizione del marxismo ufficiale, e la valorizzazione di protagonisti che non vengono dalle canoniche roccheforti rosse. "Reggio Calabria Sudtirolo, la lotta contro lo stato" è il titolo del mio primo paginone sul quindicinale "Lotta continua": ritengo che in LC anche la nostra particolare esperienza locale possa trovare spazio e respiro, e inserirsi in un processo più universale. Ed è con LC che lascio per la terza volta il Sudtirolo, dopo il servizio militare, e vado in Germania, dopo essermi occupato nei primi anni di adesione principalmente delle "situazioni arretrate" (come quella di Bolzano) e dei "proletari in divisa". Negli anni successivi mi dedico agli "esteri" e acquisisco conoscenze e competenze intorno a problemi internazionali, e comincio poi a scrivere una volta passato, nel 1975, a Roma regolarmente sul quotidiano "con la testata rossa". Partecipo al congresso di autoscioglimento di LC a Rimini ( fine 1976), dove sotto la spinta delle femministe l'organizzazione si dissolve. E mentre alcuni dirigenti di LC di primo piano (a partire da Adriano Sofri) si ritirano totalmente, mi sembra di dover contribuire insieme ad altri compagni (tra i quali Paolo Brogi, Franco Travaglini, Enrico Deaglio, Clemente Manenti) all'"atterraggio morbido", proprio per evitare una rovinosa e inconsulta ritirata o una altrettanto rovinosa e inconsulta radicalizzazione dei militanti la cui fiducia che avverto mi responsabilizza fortemente. E' un lavoro un po' da epigoni, e varie volte tento di sottrarmene, ma ogni volta una nuova emergenza mi richiama: il movimento del 1977, i morti di Stammheim e l'inverno tedesco, il rapimento Moro... Nell'impegno del quotidiano Lotta continua a sostegno dei referendum radicali (raccolta di firme nel 1977, campagna per il voto nel 1978) vedo un utile sbocco e caldeggio con molta energia questa scelta. Solo nell'estate del 1978 penso di potermi permettere il ritiro graduale dalla redazione e dai residui collegamenti organizzati.